L'ultima lettera di Eleonora: "Voglio scegliere io della mia vita"

BAGNOLI. «Fra pochi mesi avrò diciotto anni e potrò decidere della mia vita ma questo non viene preso in considerazione». Elena Bottaro aveva le idee chiare nonostante la sua giovane età ed era determinata a farle valere. Ha compiuto 18 anni lo scorso 14 agosto, voleva organizzare una grande festa con tutti i suoi amici il giorno di Ferragosto ma era troppo debole. Due settimane dopo la leucemia l'ha strappata alla vita che lei amava e che voleva assaporare fino all'ultimo istante.
Lunedì sera alle 21.30 al suo fianco, nella stanza dell'ospedale di Schiavonia, c'erano gli amati genitori Lino e Rita, con i quali ha condiviso questi mesi di lotta. Lotta contro il male che l'aveva aggredita, portando ancora dolore in una famiglia già segnata dalla morte del fratello Luca, ad appena 22 anni. Ma sono stati anche mesi di dura battaglia, in reparto come nelle aule del tribunale, per non tradire le proprie convinzioni, le proprie scelte su come e dove affrontare le cure.
Eleonora non ha chiesto comprensione, non cercava di convincere nessuno, chiedeva solamente di essere lasciata libera di scegliere. Giusto o sbagliato che fosse. Era la sua vita in gioco e lei ha voluto tenere le redini il più possibile. Perché non vi fossero dubbi aveva scritto di suo pugno una lunga lettera, dodici fogli vergati da una calligrafia ordinata e gentile per raccontare la sua storia ma soprattutto mettere in chiaro quale fosse la sua volontà. Al di là del ruolo dei genitori che ha sempre amato incondizionatamente e ha sempre voluto accanto, ai quali era stata tolta la patria potestà proprio nel tentativo di convincerli a seguire le cure tradizionali. Coinvolta in una dura e controversa battaglia legale Eleonora ha voluto dire la sua e per due volte ha letto quei dodici fogli di fronte al giudice dei minori, nelle udienze di primo grado e di appello. «Sono una ragazza sufficientemente matura e mi sembra opportuno dare la mia versione dei fatti, non essendo mai stata seriamente interpellata, dato che si tratta della mia vita».
In chiusura il commovente appello a mamma e papà: «Chiedo ai miei genitori di proteggermi». In mezzo il racconto della lotta contro la malattia e per vedersi riconosciuta la libertà di scelta nelle cure. «Ho appreso della mia malattia il terzo anniversario della morte di mio fratello Luca» racconta con tristezza, per aggiungere che voleva andare via dal reparto di Oncoematologia di Padova: «E’ la mia prima degenza ospedaliera in 17 anni e mezzo, proprio qui, dove tre anni fa è morta una mia cara amica, non me la sento di restare qui».
E poi le richieste di informazioni: «Avevo ripetutamente chiesto le statistiche sui pazienti sottoposti ad un anno di chemioterapia, non mi sono mai state consegnate», le convinzioni personali: «Sulla base delle mie conoscenze sono più i morti dopo la chemioterapia rispetto a quanti al giorno d'oggi sono ancora in vita», «la serie di rischi ed effetti collaterali mi hanno fatto riflettere sulle conseguenze di queste cure». Le parole di Eleonora hanno avuto il loro peso visto che nei mesi successivi Eleonora ha potuto andare in Svizzera per curarsi come voleva, con preparati a base di cortisone.
E' giusto? E' sbagliato? Sicuramente è stata una scelta scomoda e controversa, che farà discutere a lungo e che continuerà a dividere.
«Eleonora però voleva così e lo ha spiegato dimostrando una grande maturità», afferma l'avvocato Gian Mario Balduin facendosi portavoce dei genitori, chiusi nel loro dolore. «Eleonora e i suoi hanno lottato come dei leoni. Hanno sbagliato? Chi può dirlo, sicuramente hanno messo in pratica ciò in cui credevano».
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