Padova, asportato un rene gigante da 23 chili, intervento record
L’organo ingrossato dalle cisti impediva al paziente di mangiare e muoversi. Utilizzata la tecnica mininvasiva laparoscopica

La squadra di specialisti che è eseguito il difficilissimo intervento
PADOVA. Un caso definito dai medici di estrema gravità, approdato nell’Unità di Chirurgia dei Trapianti di rene e pancreas dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova, dove l’équipe chirurgica guidata dalla professoressa Lucrezia Furian l’ha affrontato di petto e risolto.
A un paziente di 58 anni, arrivato nell’ospedale padovano da fuori regione in condizioni gravi, è stato asportato un rene policistico del peso record di 23 chili.
Una massa enorme che anno dopo anno aveva provocato la dilatazione dell’addome al punto che, ormai, l’uomo era quasi impossibilitato ad alimentarsi e a muoversi. L’intervento in sala operatoria è durato quattro ore, è stato eseguito in laparoscopia, con una incisione di soli sei centimetri. E sei sono stati i giorni di degenza prima che il paziente venisse dimesso in ottime condizioni.
L’INTERVENTO
La professoressa Furian, forte dell’esperienza che fa dell’Unità di Chirurgia dei Trapianti di rene e pancreas di Padova uno dei principali centri italiani di riferimento, ha deciso di operare il rene policistico di dimensioni record utilizzando la tecnica laparoscopica. Di fatto sono state necessarie solo piccole incisioni di un centimetro attraverso cui sono stati inseriti gli strumenti laparoscopici.
Il rene è stato quindi isolato dalle strutture circostanti per poi essere inserito in un sacchetto che permette l’aspirazione del liquido delle cisti senza contaminare la cavità addominale. Una volta ridotte le dimensioni del rene e avvicinato alla cute del paziente, è stato estratto attraverso l’incisione di sei centimetri praticata nella parte più bassa dell’addome.
Per rimuovere masse tanto voluminose, generalmente i pazienti devono essere sottoposti a un’importante incisione al centro dell’addome, un intervento quindi molto più invasivo che comporta tempi di recupero molto più lunghi.
Ma proprio lo sviluppo di tecniche chirurgiche sempre meno invasive ma altrettanto sicure è da anni un obiettivo dell’Unità diretta dal professor Paolo Rigotti, che applica metodiche mini-invasive laparoscopiche e robotiche anche nell’ambito della donazione di rene ai fini del trapianto.
IL CASO
ll rene policistico autosomico dominante colpisce circa una persona su mille ed è una delle malattie genetiche più comuni. La patologia progredisce lentamente e provoca il dilatarsi di tubuli renali, normalmente dello spessore di un capello, fino a formare dei palloncini pieni di liquido. Queste cisti crescono sia in numero che dimensione e causano la perdita totale della funzione dei reni nella metà dei pazienti, che devono pertanto sottoporsi a dialisi o trapianto renale. L’aumento di dimensioni dei reni, come nel caso del paziente operato a Padova, può comportare la completa occupazione della cavità addominale.
TRAPIANTO
«Con questa malattia genetica si nasce» sottolinea la professoressa Furian, «anche se diventa clinicamente evidente intorno ai 40 anni e normalmente si ha un quadro clinico completo tra i 50 e 60 anni. Di solito si interviene prima che la massa raggiunga queste dimensioni, ma ogni caso poi va attentamente valutato. Al paziente abbiamo lasciato il secondo rene ma soffre ancora di insufficienza renale motivo per cui deve sottoporsi a dialisi».
Ma fra un mese, o poco più, tornerà nell’Unità di Chirurgia dei Trapianti: «La moglie è risultata disponibile e compatibile per la donazione del rene» conferma la professoressa Furian, «quindi potremo procedere con il trapianto che consentirà la ripresa totale delle funzioni». —
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