Padova ha adottato Alex Zanardi, il suo eroe gentile: «Tutto è possibile se davvero lo vuoi»

PADOVA. La faccia buona dello sport, il cuore grande che serve quando la vita si fa in salita. Alex Zanardi e Padova, storia di un amore a prima vista.
«Adoro la possibilità di trasformare le debolezze in virtù», non perde occasione per ripeterlo, con il suo sorriso di inguaribile ottimista. E la città l’ha adottato, abbracciato, coccolato. Lui, bolognese trapiantato per amore. Un volto per comunicare i colori della vita, in tutte le sue declinazioni: dalle campagne per i disabili a quelle per la guida sicura tra i giovani o i comportamenti responsabili per il popolo delle discoteche, passando per gli incontri con i ragazzi nelle scuole, il ruolo di testimonial con la polizia durante le campagne di sensibilizzazione, o le conferenze all’Università per parlare di sport.

La villa a Noventa
Alex Zanardi parla il dialetto padovano grazie alla moglie Daniela, con cui vive in una villa a Noventa Padovana insieme al figlio Niccolò. È un campione adottato, un ambasciatore di speranza piovuto dal cielo. Ha scelto Padova e la città se l’è preso sotto braccio, regalando questo raggio di luce anche al Veneto che dei suoi valori fa un manifesto.
«Io posso solo raccontare che quando accadono delle cose c’è sempre un modo per raddrizzare tutto e trasformare ciò che è accaduto in un’opportunità», diceva a chi gli chiedeva di commentare la tragedia successa al giovane nuotatore trevigiano Manuel Bortuzzo, coinvolto in una sparatoria a Roma e rimasto paralizzato.
forza d’animo
Motivare le persone, farle rialzare grazie alla forza interiore, quella che ti fa volare anche se per muoverti hai bisogno di una sedia a rotelle. Disabilità e tecnologia, anche. Tutte le dotazioni di cui dispone sono state esposte al Musme, il museo della Medicina, altro progetto in cui il campione si è buttato anima e corpo.
Da qualche anno dedicava tutto se stesso a un nuovo progetto, Obiettivo3, società che ha fondato per sostenere e avviare persone disabili all’attività sportiva: «Il nostro scopo non è solo quello di portare tre atleti alle Paralimpiadi di Tokyio, ma diffondere un messaggio e far capire che ci sono le possibilità, per tutti, di rimettere a posto le cose».
Ironman
Rimettere a posto le cose, ricominciare, provarci, dedicarsi con convinzione. Uno spot vivente alla positività e alla forza d’animo. «Sono davvero felice, ho quasi 53 anni ma se la vita continua a farmi questi regali credo che vivrò fino a 200 anni perché me li voglio proprio godere tutti», diceva lo scorso mese di settembre, a Cervia, dopo aver vinto l’Ironman.
Classica ormai la sua presenza alla Maratona di Sant’Antonio, per un bagno di folla nella sua città. Nove anni fa sbagliò strada e perse secondi preziosi. Vinse comunque ma non batté il record del mondo. «Non importa, il mio obiettivo è Londra 2012», disse al traguardo. Guardare avanti, sempre. E non abbattersi mai. Zanardi è una lavagna vivente con questa frase incisa. Un poster. Un monumento al mantra “tutto è possibile se lo vuoi”.
sui colli
«La vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente», ripete ai ragazzi delle scuole che lo guardano a bocca aperta. I colli Euganei sono la sua palestra. La gente lo sa e quando lo incrocia lo saluta sbracciandosi.
Nel 2015 Zanardi va ad allenarsi come di consueto ma cambia il percorso che fa di solito, quello del colle di San Daniele o la strada che unisce Torreglia a Castelnuovo. Devia per il Roccolo ma, alla sesta curva, sbanda per eccesso di velocità. Con la spalla sinistra impatta contro la barriera di protezione a lato della strada, in discesa, sbattendo violentemente. Sente l’osso che fa “crac” ma non si scoraggia e prosegue, facendo altri 10 chilometri sulla handbike per raggiungere l’auto parcheggiata. Solo una volta a casa racconterà alla moglie dell’incidente. Clavicola rotta in quattro punti e riposo assoluto. Ma quella di Zanardi è una storia di ritorni. Non una favola, una storia vera.
È il 2016 quando sale sul palco in piazza dei Signori, davanti alle autorità, poco prima di ricevere l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. «Sono abituato ad essere sui palchi, ma in questa occasione mi tremano le gambe» e scoppia a ridere rompendo l’imbarazzo del pubblico. Lottare, crederci, dare il massimo. E saper ridere di sé, sempre, anche nei momenti difficili. –
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