Pd veneto, voglia di primarie Il patto con il M5S non decolla

Sfida a Zaia: venerdì la direzione decide che via prendere: da soli o in coalizione Per la poltrona di presidente in corsa il civico Lorenzoni, Fracasso e De Menech



. Le primarie per scegliere il candidato che dovrà sfidare Zaia? Meglio tardi che mai. Ma vanno celebrate per lanciare il programma alternativo alla Lega, con il centrosinistra che si allarga al M5s per un matrimonio quasi impossibile. Da Bruxelles, dov’è impegnata nell’attività di commissione, Alessandra Moretti tiene i contatti con dem divisi nelle 5 correnti che si sono sfidate all’ultimo congresso vinto da Zingaretti. Il segnale che arriva dall’Emilia Romagna è chiaro: si torna al vecchio bipolarismo, con il voto disgiunto che fa la differenza se il candidato ha un profilo autorevole. In Veneto non esiste il clone di Stefano Bonaccini e la strada del centrosinistra è in salita. Il vero punto di frattura è legato al nome del candidato presidente della coalizione. In campo per il momento c’è solo Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova, leader di Coalizione Civica e della lista il “Veneto che vogliamo” mentre sia il Pd che i grillini non hanno scoperto le loro carte. I 4 big occupano ruoli di assoluto rilievo: Martella, Variati e Baretta rappresentano il Veneto a Palazzo Chigi nel governo Conte2 e la Moretti invece siede al Parlamento Ue. Da l ì non si muovono. Dopo l’uscita di scena di Cacciari, Zanonato Giaretta e Bindi il centrosinistra è senza un leader che sappia trascinarlo alla vittoria. Venerdì sera, a Padova, il segretario Alessandro Bisato dovrà decidere che strada prendere: avanti da soli o con un patto di coalizione?

«I segnali che arrivano dai circoli di base e da una fetta rilevante di esponenti delle diverse assemblee legislative sono molto precisi. Come ha ricordato Romano Prodi con l’intervista su Repubblica, il Pd deve essere aperto e inclusivo. Basta ai caminetti ristretti a quattro persone che troppo spesso non interpretano il comune sentire, basta con il partito delle tessere che si mischiano a ogni congresso, apriamoci alla società civile e diamo spazio ai movimenti come le “sardine” e ai giovani. Le primarie sono fondamentali» dice Alessandra Moretti. L’eurodeputata ha appoggiato Zingaretti all’ultimo congresso ma si trova alleata dell’area Lotti-Martina con il segretario Bisato e De Menech, coordinatore dei parlamentari veneti a Roma, poco convinti dell’asse con i grillini. Meglio corteggiare Renzi e Calenda, per non perdere voti al centro.

Chi insiste per il dialogo diretto con le forze civiche è l’area Dems, che esprime il presidente Giovanni Tonella: «Sono felice per la vittoria straordinaria di Bonaccini in Emilia Romagna. Salvini ha tentato di esportare il modello Zaia a Bologna ma la manipolazione comunicativa non ha fatto breccia tra la gente seria e pragmatica. Io credo che la figura del professor Lorenzoni possa rappresentare un segnale positivo di rinnovamento, un atto di coraggio che il M5s non potrebbe ignorare», spiega Tonella.

E il correntone di Baretta-Variati, legati a Franceschini? Attende solo di poter ufficializzare la candidatura di Stefano Fracasso, capogruppo a Palazzo Ferro Fini: con la sua discesa in campo, si apre il fronte delle deroghe per il terzo mandato dei consiglieri regionali. E i giovani scalpitano.

E nel M5S che aria tira? Jacopo Berti sta aspettando da Crimi il via libera per organizzare la consultazione su Rousseau e decidere se allearsi con il Pd o se invece correre da soli. La seconda opzione va per la maggiore con l’80 per cento del gruppo dirigente e degli attivisti che preferisce sfidare la soglia del 5 per cento: ce la faremo a tutti i costi. Mai alleati del Pd o si rischia di sparire, sentenzia Berti. —



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova