Referendum, il Veneto abbassa la media
Con il 26% quart’ultimo per affluenza, esulta il centrodestra. Camani, Pd: «Colpisce quel 38% di no sulla cittadinanza». Lorenzoni: «C’è una base da cui partire per costruire un’alternativa»

Con quella percentuale del 26,2% che colloca il Veneto agli ultimi posti della classifica nazionale per affluenza alle urne, sopra solo a Calabria, Sicilia e Trentino e lontano dai numeri del resto del Nord e della media nazionale, si apre per il territorio una riflessione sulla sua specificità politica. Che si accompagna a quella su un’altra percentuale: il 38,03% di “no” al dimezzamento dei tempi della cittadinanza (in Italia è del 34,67%).
Il centrodestra gongola dopo una campagna all’insegna dell’«andate al mare», iconicamente rappresentata da Raffaele Speranzon, vicepresidente vicario del Gruppo Fratelli d’Italia, che in un post di domenica 8 giugno appare in pantaloncini e infradito, stravaccato in spiaggia, con tanto di pollicione alzato. E lunedì 9 un altro post: «Avete perso». Non c’è dubbio che i promotori del referendum siano stati sconfitti e che abbiano vinto i fautori dell’astensione; resta da capire come ne è uscita la democrazia.
I promotori
«Non è andata come speravamo, siamo delusi per il mancato raggiungimento del quorum», dice Tiziana Basso segretaria generale Cgil Veneto, «Non era un voto politico, ma il contrasto a leggi sbagliate che intendevamo modificare per i lavoratori e per i giovani».
Obiettivo che evidentemente non è stato capito. Basso guarda innanzi: «Oltre un milione di veneti è andato alle urne: se consideriamo che Cgil ha 400 mila iscritti, è un numero che ci dà speranza. Guardiamo avanti, continuiamo a combattere le leggi sbagliate per la difesa di salario e sicurezza».
La sinistra e la cittadinanza
Il segretario regionale del Pd Andrea Martella: «L’affluenza ai referendum non ha permesso il raggiungimento del quorum e questo va riconosciuto con serietà, anche in Veneto dove la partecipazione è sotto la media. I dati andranno analizzati con attenzione, ma qui ha prevalso, ancora più che altrove, una logica partitica, che ha spinto l’astensione. Nonostante ciò, quasi 15 milioni di cittadine e cittadini si sono recati alle urne, nonostante la cortina di silenzio e l’aperto boicottaggio attuati dal centrodestra a tutti i livelli. Un numero importante di italiani che ha deciso di esprimersi su materie di grande rilievo sociale e civile. Dispiace che il centrodestra abbia scelto l’astensione per evitare il confronto nel merito».
Per Vanessa Camani, capogruppo del Pd in Regione, le percentuali venete sono conseguenza di una guida di centrodestra. E ora è necessaria una riflessione: colpisce, dice, la percentuale del 38% di contrari alla cittadinanza più rapida, in una realtà in cui manca la manodopera.
Ancora: «Il campo progressista ha partecipato con un voto consapevole. Se i referendum avessero vinto ci sarebbe stato un avanzamento nei diritti dei lavoratori. La battaglia che il Pd ha sostenuto è stata giusta». Il consigliere regionale di Vale, Arturo Lorenzoni: «Esiste una base sulla quale è possibile costruire un’alternativa all’attuale maggioranza».
Il governatore Luca Zaia
«Quello appena archiviato è stato un referendum pensato male, proposto peggio e terminato con un chiaro responso popolare: l’assenza di consenso», ha commentato il 9 giugno il governatore del Veneto Luca Zaia , «L’esito di oggi rafforza non solo la legittimità dell’azione di governo, ma anche la coesione e la credibilità della coalizione di centrodestra, che esce da questa prova ulteriormente consolidata nel rapporto con i cittadini».
E sul referendum: «È un istituto fondamentale della democrazia, e come tale non si discute. Ma questa tornata referendaria, voluta e sostenuta dalla sinistra, si è rivelata un fallimento. Non va dimenticato che l’obiettivo iniziale era ostacolare l’attuazione dell’autonomia differenziata. Il sesto quesito, chiaramente indirizzato in tal senso, è stato infatti dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale».
Sul piano politico: «Se i ruoli fossero stati invertiti saremmo di fronte a richieste di dimissioni, crisi di governo e scioglimento anticipato delle Camere. Noi invece ci limitiamo a registrare l’esito politico di un’iniziativa che si è rivelata priva di basi e sostegno popolare. I quesiti referendari erano, a nostro avviso, permeati da forte demagogia».
Il centrodestra
Di autogol parla il senatore di Fratelli d’Italia Luca De Carlo: «Doveva essere una spallata al governo Meloni, si è trattato del più grosso autogol nella storia della sinistra: in un colpo solo, sono riusciti a rompere l’unità sindacale e a far registrare il peggior risultato della storia per quanto riguarda l’affluenza ai referendum abrogativi».
Il presidente dell’intergruppo Lega-LV Alberto Villanova: «La lettura politica di questa Caporetto è chiarissima. Il dato dell’affluenza in Veneto ha una valenza ancora più significativa: nella nostra terra si è registrata una tra le percentuali più basse del Nord. La sinistra veneta farebbe bene a riflettere perché non è un caso questa percentuale. Il nostro popolo non ha condiviso la proposta di Landini e men che meno ha dimenticato chi ha boicottato l’Autonomia».
Giuseppe Pan, consigliere della Lega-Liga Veneta parla di flop totale: «I cittadini più sensibili ai temi del lavoro non hanno perdonato il boicottaggio del nostro referendum sull’autonomia ».
Il caso Soverzene
Con i suoi 359 abitanti Soverzene è tra i Comuni più piccoli del Veneto. Che ha realizzato il più grande risultato in termini di affluenza: 46, 58%, sfiorando il quorum. Un piccolo centro, una grande lezione di partecipazione democratica.
Il dibattito sul quorum
Roberto Toigo, segretario Uil Veneto: «Perché il referendum torni a essere strumento per scelte decisive, sarà forse utile alzare il numero di firme necessarie per proporre i quesiti». —
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