Il galateo di Stefani per i candidati della Lega: «Non cediamo alle provocazioni»
Cinque regole per i candidati della Lega: onestà, correttezza, contatto con il territorio, niente polemiche e compattezza. Stefani al K3 di Treviso con Zaia: «La credibilità è la nostra arma più forte»

Regola numero uno: «Massima trasparenza». Numero due: «Rispetto e correttezza». La tre: «Contatto col territorio». Quarta regola: «Stop provocazioni». Infine, la quinta: «Compattezza».
È il pentalogo secondo Alberto Stefani. Distribuito ieri, dal candidato alla presidenza, ai candidati in consiglio regionale tra le fila della Lega: molti in presenza, altri in collegamento. Davanti al doppio sguardo del leone di San Marco: quello raffigurato sulla bandiera che adornava il tavolo dei relatori – lo stesso Stefani, accanto a Luca Zaia e al segretario organizzativo Giuseppe Paolin – e della statua, lì davanti.
E poi, sempre sul tavolo, l’iPad, con elencati i punti imprescindibili per essere considerato un “buon leghista”. Lontano dalle polemiche, soprattutto sui giornali. O almeno è questa la richiesta del candidato del centrodestra, alla vigilia di una fase amministrativa che vedrà il capovolgimento degli equilibri, rispetto alla monolitica era Zaia.
Cinque punti, dunque. Annunciati in un incontro-blitz, nella storica roccaforte della Liga: il K3 di Treviso. Nemmeno mezz’ora di vertice, con i discorsi alternati e speculari di Stefani e Zaia; per poi lasciare spazio alle fotografie.
E quindi il candidato presidente chiede la massima trasparenza. «Ogni parola, ogni post, ogni incontro deve poter essere raccontato alla luce del sole» dice, «Spieghiamo sempre chi siamo, cosa proponiamo e perché. Nessun retroscena, niente riferimenti criptici. La credibilità è la nostra arma più forte. L’onestà è da sempre la cifra della Lega».
Il secondo punto: rispetto e correttezza. Per un candidato che – parole sue – chiede alla politica un cambiamento di stile; di affrancarsi dal linguaggio sguaiato che ne ha caratterizzato alcune fasi. «Siamo una squadra e ci candidiamo per amministrare il Veneto e rappresentare tutti i veneti, anche quelli che non ci voteranno» ricorda Stefani, «Rispettiamo regole, tempi e spazi della comunicazione, come previsto dalle norme sulla par condicio elettorale. Non partecipiamo in modo improprio a inaugurazioni o eventi istituzionali senza averne titolo».
Poi, il contatto col territorio: questione-perno per un partito che continua a definirsi “sindacato dei veneti”. «La vera campagna si fa tra la gente» ricorda Stefani ai suoi, «Ogni comune, quartiere, categoria produttiva merita la nostra attenzione. Ascoltare è più importante che parlare: solo così impariamo ciò di cui i veneti hanno bisogno». Da qui l’unica indicazione concreta: dedicare «almeno due giorni a settimana all’incontro con i cittadini, nelle piazze e nei mercati: sia in campagna elettorale, sia, in caso di elezione, dopo il voto».
Il quarto punto riassume gli altri: stop alle provocazioni. «Non cadiamo nelle provocazioni di chi cerca lo scontro solo per avere visibilità» chiede il candidato. «Non abbiamo nulla da nascondere e da temere. Siamo eredi della migliore amministrazione regionale d’Italia, come confermano i dati sullo straordinario consenso di Zaia. Parliamo di programmi, contenuti e visione. A noi interessano i veneti, non le chiacchiere o la visibilità fine a se stessa sulla stampa. La bandiera del Veneto è l’unica al mondo con scritta la parola Pace: ricordiamolo sempre».
Infine, la richiesta di compattezza. «Siamo un gruppo compatto che si riconosce in un progetto politico: mettere davanti a tutto gli interessi della persona. Restiamo uniti, affrontiamo questa sfida come squadra. Ognuno rappresenta un tassello di un puzzle più grande: il Veneto che lavora, crede e costruisce. Facciamo sì che sia percepito dai cittadini, evitando di cadere nei tranelli di chi vuole farci apparire divisi». —
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