“Report” su Tosi: spie, affari, ricatti hard

Dubbi sui rapporti con politici e imprenditori calabresi. L’ascesa della moglie, i nastri registrati, il sistema delle nomine

VERONA. Un’inchiesta finita nell’occhio del ciclone ben prima di andare in onda, quella di Sigfrido Ranucci per Report, che in prima serata su Raitre ha affondato il bisturi su Flavio Tosi, l’amministrazione comunale di Verona e la Fondazione del sindaco, «Ricostruiamo il Paese». Per neutralizzarla, il 21 febbraio Tosi ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica («Notizie false, diffamatorie, comprate con denaro pubblico dalla tv di Stato allo scopo di distruggermi»), imitato dall’assessore dimissionario Marco Giorlo e dal comandante locale della Guardia di Finanza, Bruno Biagi. Ma il fuoco di sbarramento non ha frenato Milena Gabanelli, che in apertura di serata ha dato voce a Tosi ed alla sua querela, salvo precisare che «In 17 anni a Report non abbiamo mai pagato una fonte né l’avremmo fatto a Verona».

Cosa emerge dal focus? Il punto di partenza è un presunto video a luci rosse, contenente immagini imbarazzanti per Tosi e già ventilato a scopo ricattatorio quando quest’ultimo era assessore regionale alla sanità. Per acquisirlo, Ranucci entra in contatto con Sergio Borsato, cantautore di simpatie bossiane protestato per assegni a vuoto, che finge di collaborare ma racconta tutto al sindaco leghista e d’intesa con lui registra gli incontri con il giornalista, a Roma. Nel gioco e doppio gioco caro alle spy story, però, anche l’inviato di Report filma i colloqui con l’informatore. Ecco allora Borsato annunciare a Ranucci l’arrivo del misterioso l’autore del video hard: «Ce lo siamo portati a casa dall’estero, ma attenzione, ha una fifa boia e dobbiamo vincere un po’ la sua paura, a questo qua gli fanno la pelle perché era presente, è quello che ha registrato il video». E continua: «Adesso dobbiamo ammorbidirlo, ma dopo bisogna pagarlo, i soldi gli servono per stare un altro po’ fuori dai coglioni». Il cantante poi alza il tiro: afferma di conoscere il sistema di tangenti della Lega, chiama in causa la francese Siram, società specializzata in appalti nella sanità già additata dall’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito come erogatrice di mazzette: la multinazionale smentisce, ora indaga la magistratura milanese. Ce n’è anche per la moglie di Tosi, Stefania Villanova, balzata da impiegata e dirigente della Sanità a Palazzo Balbi: «Se apri il vaso di Pandora, esce anche il coniglio».

Verità? Millanterie? Calunnie? In attesa di accertarlo, spunta il nome dell’emissario segreto che affiancava Borsato per documentare gli incontri: Massimo Giacobbo. Chi è costui? Un imprenditore - dal volto oscurato - lo definisce «faccendiere» che vanta «agganci a Veneto Sviluppo», la cassaforte finanziaria della Regione. Ma il video hard esiste? Borsato giura di averlo visto e offerto, senza successo, ai rivali bossiani in un colloquio a Vittorio Veneto. C’è altro? Sì, il tour di Tosi a Crotone, con la presentazione della Fondazione, fianco a fianco con il presidente della Provincia, Stanislao Zurlo, indagato per voto di scambio. E le cene elettorali organizzate da Giorlo, di origini calabresi, dove «si raccoglievano fondi e si parlava di affari». Replica l’assessore: «Ho portato voti, sì, ci sono tanti calabresi a Verona. Appalti di favore? Macché. Festini con escort? Invenzioni». Una ragazza rumena, però, sostiene che gli ha chiesto sesso in cambio di lavoro, accusa poi ritrattata. Amicizie chiacchierate, sollevate dalle interrogazioni dei consiglieri regionali Franco Bonfante e Stefano Valdegamberi sul «sistema delle nomine». Chiude Gabanelli: «Non sappiamo chi finanzia la Fondazione Tosi né chi ha sborsato 278 mila euro per la sua campagna elettorale».

 

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