Risponde Slepoj: la terza età non è uguale per tutti qualcuno la scoprirà soltanto ora

La reazione all’emergenza e ai limiti che impone dipende dal tipo di vita che si conduceva prima. Anche chi assiste deve stare attento ai contraccolpi: strategie per tenere a distanza la depressione
MODEL RELEASED. Care home resident. Hand of a seated 84-year-old woman in a care home. Photographed in Scarborough, UK.
MODEL RELEASED. Care home resident. Hand of a seated 84-year-old woman in a care home. Photographed in Scarborough, UK.

La fascia sociale degli anziani è quella più difficile da intercettare e da aiutare, perché l’intervento verso di loro deve tenere conto di tre diverse componenti: quella cronologica – l’età – quella culturale e quella psicologica. Non è possibile dunque pensare agli anziani come a un’unica categoria sociale, perché ogni gruppo è totalmente diverso dall’altro. Con diverse reazioni, e differenti modalità di aiuto e di intervento.

Autonomi, ma non del tutto

Ci sono persone anziane che con l’età hanno perso un’adeguata autonomia: questa fascia sociale riguarda tutti coloro che pur avendo un accettabile stato di salute, presentano deficit neurologici spesso degenerativi, o deficit cognitivi. Costoro mantengono la propria autonomia, nel senso che vivono in casa, ma solo con l’aiuto di badanti o familiari. La situazione prodotta dal coronavirus pesa gravemente su di loro, perché induce uno stato ansiogeno sui familiari, accompagnato da problematiche nell’assistenza e nella prevenzione.

Equilibrio a rischio

Il rischio più evidente è quello della paura dell’abbandono nell’anziano, e della depressione e perdita di equilibrio da parte di chi assiste. Il difficile compito di coloro che assistono gli anziani sta nella difficoltà di far loro accettare il cambiamento di quelle abitudini formate nel tempo, quell’equilibrio psico-fisico fatto di tempi certi di accudimento e relax; la situazione attuale ha messo in crisi questa quotidianità, creando di riflesso una ricaduta negativa sulle relazioni familiari.

È necessario allora prevedere una gestione dell’ansia per chi assiste, non essendoci situazioni realisticamente attuabili di risoluzione dello stress. È consigliabile creare situazioni di compensazioni ricorrendo alla musica, un po’ di televisione, piccole attività in giardino o sul terrazzo. Anche lo stare all’aperto, sia pure sul terrazzo, alleggerisce il peso di una situazione con cui si è costretti a convivere.

Consapevole non basta

La seconda tipologia è quella dell’anziano sano sotto il profilo fisico, e sostenuto anche da un buon corredo culturale. È l’anziano abituato a costruire la propria quotidianità, quello attivo, che passeggia, aiuta in famiglia, accudisce i nipoti, mantiene ancora contatti con ex colleghi, fa attività sportiva, è informato, appartiene a club o associazioni. Si tratta di persone, seppure pensionati, che mantengono uno status fortemente egocentrato. Ed è proprio questo l’anziano maggiormente in difficoltà in questa situazione, perché è costretto ad abbandonare molte abitudini e a riprogrammare i suoi rituali compensativi.

È l’anziano consapevole, fisicamente in forma, che ha la tendenza a semplificare le regole imposte, anche a costo di entrare in conflitto con se stesso. Gli viene tolta la possibilità di essere e di sentirsi, attraverso relazioni e attività varie, “non anziano”. Dovendo accettare la perdita dell’assenza del limite, tende a sviluppare malinconia, depressione, aggressività, perdita della capacità di mediazione.

Eterni giovani

L’anziano giovanile, quello che pensa di non avere l’età, è la categoria più difficile da trattare, in quanto ha una visione del mondo disordinata, poco incline alle regole; fisicamente è ancora prestante, si sente quasi immortale. Questa è la fascia sociale di chi non vuole smettere, di chi non vuol mettersi da parte, che rifiuta l’idea di doversi regolamentare. Salutista ma trasgressivo, come i croceristi, indomabili viaggiatori incapaci di stare a casa: le regole del mondo valgono per tutti ma non per lui. Sono, in generale, quelli che credono in una motivazione complottistica dell’epidemia.

E se i maschi si sentono immortali, le donne si vivono come adolescenti, spesso con una cura esagerata del fisico, quindi vanno in crisi se devono rinunciare a parrucchieri, chat, palestra e shopping.

Sono anziani che non si sentono tali, quindi refrattari alle regole, abituati a uscire, a fare vita sociale; il restringimento delle libertà, dopo i primi giorni, diventa fonte di angoscia e, se in coppia, è fonte di irritabilità e poca tolleranza l’uno con l’altro. È un’età in cui ci vuole gradualità, iniziando ogni giorno a togliere un’abitudine del passato.

Il passaggio alla consapevolezza, considerando di rientrare in una fascia a rischio, determina la necessità di prendere delle contromisure, come yoga, musica, giochi da tavolo, utilizzo di internet per videochiamate, corsi e visite a musei virtuali. In altri termini: mente in viaggio con la fantasia, corpo a casa. Vietato minimizzare, ma anche guardare troppo ai giorni che separano dalla libertà.

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