Uccide la mamma a coltellate e si suicida

Lite furiosa, un moldavo di ventitré anni colpisce la madre una cinquantina di volte e poi si lancia dalla tromba delle scale
Di Enrico Ferro ;
BARON - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - OMICIDIO SUICIDIO ALL'ARCELLA. CORPO FIGLIO
BARON - AGENZIA BIANCHI - PADOVA - OMICIDIO SUICIDIO ALL'ARCELLA. CORPO FIGLIO

PADOVA. Una furia cieca sulla mamma stesa sul divano. Cinquanta coltellate. Al petto, al collo, alle braccia, sulla faccia. Il figlio che si è fatto assassino ha rivolto poi il coltellaccio da cucina contro se stesso ma non è riuscito a farla finita. È salito quindi sul pianerottolo al terzo piano e si è buttato dalla tromba delle scale. Un volo di quasi nove metri che non gli ha lasciato scampo. La follia di cui tutti avevano paura è arrivata e si è portata via tutto. Veaceslav Malachi, 23 anni, alle spalle già diversi arresti per furto che stava scontando ai domiciliari, ha massacrato la mamma cinquantatreenne Feodora.

È il classico caso da “tutti sapevano ma nessuno ha mosso un dito”. Tre giorni fa i vicini di casa l’hanno visto gridare come un pazzo in terrazza agitando una sciabola. Mesi addietro ha scagliato una bicicletta sul cofano dell’auto di un altro residente. «Ti fissava con sguardo assente e non ti salutava». A Padova, in via Apollodoro, laterale in zona Buon Pastore dove i bambini giocano ancora per strada, le voci corrono in fretta. Ecco perché nessuno si è stupito più di tanto quando, dopo le 13 di ieri, carabinieri e ambulanza si sono fermati davanti alla palazzina al civico 16.

Quando sono arrivati i medici del pronto intervento il cuore di Veaceslav batteva ancora. Il giovane giaceva immobile all’ingresso del condominio. C’erano ferite da taglio su braccia, fianchi e gola. Tutto intorno pezzi di corrimano e ringhiera venuti giù con il corpo in caduta libera. Sembrava l’epilogo di una feroce aggressione ma è bastato salire nell’appartamento al secondo piano dove il ragazzo abitava, per capire tutto.

Sul divano del salotto, in un lago di sangue, c’era il corpo esanime di una donna. Una mamma. L’arma del delitto, il coltello da cucina, era lì poco distante, sul pianerottolo.

Omicidio-suicidio, è la fredda sintesi investigativa per descrivere questo tremendo dramma familiare. Con una giovane madre che si spacca la schiena a lavare scale e pavimenti per mantenere la famiglia. Per Feodora la “famiglia” era lui, Veaceslav. Un figlio problematico da sempre. Il primo arresto a 16 anni, quando con il cugino viene sorpreso a scassinare otto garage a Villaguattera di Rubano, nell’hinterland del capoluogo. Si spalancano quindi le porte del carcere minorile di Treviso. Tre anni più tardi i carabinieri lo sorprendono a togliere le placche anti taccheggio al centro commerciale Le Brentelle. Nuovo arresto, stavolta al Due Palazzi.

Due anni fa viene invece sorpreso negli spogliatoi di una squadra di pallavolo femminile, la Picche Electrade. Le atlete lo bloccano nella palestra della scuola Tartini e lo consegnano di fatto alla polizia.

Questo è ciò che compare nella sua fedina penale, già così zeppa di date, riferimenti e articoli del codice penale. Esiste però anche un baratro psicologico, fatto di alcol e droghe. Di conflitti interiori e disobbedienza. Di risentimento covato e senso di emarginazione. Una volta abbiamo provato a dire a quella donna che suo figlio faceva uso di droghe ma lei ci ha minacciato di andare dai carabinieri a denunciarci», raccontano i ragazzo romeni che condividevano il piano con la famiglia Malachi.

Alcuni abitanti del palazzo hanno raccontato ai carabinieri di aver sentito i due litigare furiosamente ieri fin dalle 5 del mattino. Le grida, qualche botto. Nessuno si è impensierito più di tanto. Anzi, tutto quadrava alla perfezione. Il solito Veaceslav. Il solito pazzoide. Eppure quelle grida alle 5 del mattino erano un campanello d’allarme. L’ennesimo di una vita in ebollizione, di un’esistenza senza domani.

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