Un volo di palloncini per Jessica La mamma: "Lei è il mio angelo"
Cento palloncini liberati da decine di bambini, davanti alla bara coperta di fiori bianchi, hanno cercato di rendere meno triste l’addio a Jessica, uccisa a soli dodici anni da un aneurisma. All’Arcella più di mille persone a far sentire il loro dolore unito a quello dei genitori

PADOVA. Un volo di centinaia di palloncini bianchi e azzurri liberati da mani bambine davanti all’innocente bara coperta da candidi fiori, ha portato con sé Jessica. L’ha scortata in alto. E intanto il corteo partiva a piedi per il vicino cimitero dell’Arcella. Un’immagine di potente e liberatoria suggestione, dopo due ore di cerimonia funebre ieri dalle 15.15 nel santuario di Sant’Antonino all’Arcella.
Due ore durante le quali 1000-1200 persone del quartiere, della parrocchia, hanno fatto proprio il lutto di Paola e Paolo Simionato, i genitori della ragazzina di 12 anni uccisa da un aneurisma, hanno pianto per loro, per lei e per se stessi. Si sono empaticamente stretti gli uni agli altri, e tutti attorno alla comune, miserrima condizione umana denudata da quella crudele bara bianca sola in mezzo alla navata: una nera bestemmia che la risorsa della fede ha trasformato in preghiera, in inno alla vita.
Hanno pianto assieme a frate Michele Rocco, che ha ricordato Jessica tra i singhiozzi; e assieme alla madre, i cui occhi asciutti straziavano più del pianto mentre diceva addio alla figlia. Un’anima collettiva, a cui le ritualità del funerale, enfatizzate da una sapiente regìa, hanno dato l’armonia di una grandiosa coralità.
Alle 15 la chiesa di Sant’Antonino è stracolma, centinaia di ragazzini, i compagni della scuola Zanella con un girasole in mano, l’amichetto speciale che le aveva regalato il primo batticuore e il braccialetto da cui Jessica non si separava; gli amici del Grest, del catechismo, quelli del coro e della musica, i loro genitori, i clienti del panificio in via Bonazza di Paolo Simionato, i conoscenti; e sull’altare padre Michele, che ora vive a Genova ma conosceva la ragazzina fin da piccola («Aspettavo Jessica venerdì, a Genova, doveva venire a vedere il mare dalle finestre della mia casa», poi la voce gli va in frantumi e il suo pianto trascina come un’onda», il parroco Giancarlo Zamengo, quello del Buon Pastore don Paolo e altri quattro preti, due cori, i chierichetti.
Sui gradini dell’altare corone, cuscini, mazzi di fiori bianchi che si ammonticchiano depositati da emozionate mani di bambini. Battono a lutto le campane, il silenzio diventa sospensione e curiosità: entra la bara, trascinandosi dietro i genitori di Jessica, elegantissimi per l’addio al loro cuore; e i nonni, i parenti. Paola, la mamma, per interminabili secondi rimane seduta sul banco, sola.
Fotografi e operatori ne approfittano, l’immagine è di quelle forti. Paolo, il papà, la raggiunge dopo aver accarezzato la bara: poco prima entrambi avevano accarezzato il bellissimo viso di Jessica, con una sciarpetta a nascondere le cicatrici degli interventi di espianto degli organi e con un leggiadro abito celeste a fiorellini che la ragazzina aveva visto in un negozio e sognava di acquistare.
Sono andati a comperarlo loro, l’ultimo regalo è servito a vestire la morte della figlia. L’avevano accarezzata e baciata, le avevano messo al fianco una rosa e un cd di Elisa, e avevano guardato mentre il coperchio sigillava la bara.
In chiesa partono le note registrate di Yesterday cantata da Jessica, poi l’Alleluja dei cori, il brano della resurrezione di Lazzaro. E padre Michele: «Ho scritto questa omelia assieme a un giovane che su facebook aveva scritto molte cose belle. Jessica, tu mi diresti: stai zitto. Così mi dicevi quanto ti chiamavo pantegana. E poi diresti, allora dimmi cosa devi dire. Io ti dico, e dico a Paola e Paolo, che davanti a questa bara tutto si ferma e da qui tutto ricomincia».
E racconta del modo speciale in cui i genitori di Jessica hanno aperto la loro casa alla condivisione della perdita: «Un via vai di gente, un’accoglienza deliziosa. Tu doni la vita, ci insegni che va vissuta a pieno. La nostra piccola Jessica con la sua voce da sprota ci dice: io non sono il vostro angelo, voi dovete essere angeli, qui, oggi, adesso. Jessica, aiutaci a cambiare in meglio, a raccogliere queste nostre lacrime e con queste irrorare la nostra esistenza».
Poi tante testimonianze: Jessica che cantava da solista «La vita è bella», che sciava per la prima volta e cadeva e ci riprovava e ricadeva e si rialzava. Jessica che sorrideva. E l’annuncio: «Bisogna tenere occupati Paolo e Paola - dice il parroco - e così con Paolo abbiamo deciso di costruire una scuola in Africa. E sempre Paolo ha deciso di creare borse di studio per i ragazzi che con Jessica studiavano musica».
A portare l’abbraccio di Padova a quei genitori è l’assessore alla scuola Piron: «Abbiamo scoperto una città inedita, attenta ai valori veri e per questo vi rivolgo due grazie: a Paolo e Paola e alla comunità, per come avete vissuto questi giorni. E a Jessica e a chi come lei ci lascia la cultura del dono gratuito».
Interviene anche il preside della Zanella e, ultima, la mamma. «Lei è il mio angelo, parlate di lei come fosse qui, non dimenticatela, salutatela». «Voglio ringraziare i bidelli che l’hanno soccorsa, i medici, i frati e il suo amico speciale che l’ha fatta felice. Perché lei era felice». L’applauso è forte. La bara viene portata fuori, i bambini con i palloncini si accalcano in attesa del via per lasciarli volare. E le campane suonano a festa, per Jessica.
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