Vecchie uve e vini dei vip il Veneto è una corazzata

Una produzione di dieci milioni di ettolitri, ci sono pure i rossi di Mr Diesel Dalle caramelle all’Amarone ai vitigni perduti: un viaggio tra nicchie e colossi

INVIATA A VERONA. Il Veneto è una corazzata del vino, lo dicono i numeri e anche i metri quadri del Vinitaly. Parliamo di una potenza da 10 milioni di ettolitri prodotti, +4% la crescita, secondo gli ultimi dati Istat del 2017, pari al 19% della produzione nazionale che sale al 45% se si considerano solo i bianchi Doc, vanto della regione. Ma sono talmente tanti i produttori del made in Veneto, che lo straripante Padiglione 4 non ce l’ha fatta a contenerli tutti; così, è diventata caccia ai vignaioli veneti “emigrati” nelle regioni confinanti: metà hanno occupato la Sardegna al numero 8, altri hanno scelto il Trentino o il Friuli. Al Vinitaly accade anche questo, con la sola eccezione dello scoppiettante Prosecco che, secondo il report Nomisma vale da solo il 23,5% dell’intero export di vino italiano Dop (35,5% il contributo del Veneto alle vendite globali) e che a Verona ha vinto la grande sfida di avere un’area multicolor tutta per sé. Ed è perfino quasi difficile entrarci.

L’impressione, solcando i chilometri della fiera al suo terzo giorno, è che al Vinitaly quest’anno non manchi nessuno: non mancano le grandi banche come Intesa SanPaolo che ha erogato 2 miliardi di fidi al settore e ora mette a disposizione dell’agribusiness un plafond di 8 miliardi fino al 2019, o Unicredit che qui, a Verona, ha deciso di firmare un accordo con le categorie per accompagnare le aziende del vino nella ricerca di nuove opportunità di business. Non mancano nemmeno i politici, quest’anno più che nelle edizioni passate: la Giunta di Luca Zaia ieri, per esempio, ha deciso di riunirsi a Vinitaly.

D’altronde il vino è moda e, a dar retta all’indagine presentata ieri da Coldiretti Vicenza, è quasi stupefacente pensare che ben l’82% degli italiani oggi sogna di poter produrre una propria etichetta. L’ha fatto pure Renzo Rosso: i vini prodotti nella Diesel Farm sono lì, quasi in mostra, a Verona. Mister Diesel produce 15 mila bottiglie l’anno. Tra le etichette blasonate anche quella di Alberto Malesani, tecnico del calcio di fama internazionale che produce a Trezzolano, nel veronese, i vini autoctoni della Valpolicella.

Vip a parte, i veri protagonisti restano i produttori. Vinitaly permette diversi itinerari di sapori, a seconda dei palati e degli interessi con grande attenzione al bio. Ci sono i grandi brand riconoscibili dagli stand a due piani e anche le piccole nicchie che lavorano sulle eccellenze. Il Veneto è questo: terra di Zonin 1821, Gruppo Italiano Vini, Masi, Mionetto, Bottega, Bisol per citarne alcuni tra i blasonati. Ma le novità più interessanti arrivano a sorpresa.

Come il prosecco Monfumino della Tenuta Amadio nel comune di Monfumo (Tv). Il titolare Simone Rech è tornato al Prosecco di una volta, quello fatto non solo di uva glera ma anche di bianchetta, vigna storica a rischio estinzione. I vigneti sono quelli del bisnonno e richiedono una vendemmia anticipata e così Amadio produce 100 mila bottiglie in una cantina scavata sotto la roccia.

La grande novità di quest’anno è la nuova Doc del Pinot grigio delle Venezie, ma non tutti hanno fretta di metterla a mercato. Daniela Nichele delle Terre di San Rocco a Roncade (Tv), terra vocata ai rossi, fa Pinot da sempre e cura i vini bianchi con la stessa pazienza dei rossi. «Anche i bianchi hanno bisogno di tempo e un’annata del 2012 ancora oggi è buonissimo se vendemmiata e custodita bene» dice. La Doc 2017 potrebbe uscire a mercato anche tra tre anni, «il mercato non detta la qualità». Quello di Roncade è un vino sartoriale che fa gola a Vietnam, Russia e Sud Africa.

A Vinitaly c’è anche il «Bassano Shiro», vino prodotto nell’alto vicentino da Mirco Gottardi distribuito in Scandinavia per il titolare di una catena di Sushi Wine. Oltre 15 mila bottiglie frutto di un accordo decennale. Al vino “giapponese” con tanto di label nipponica si accompagna il «vino Musso» che prende il nome dagli asini taglia erba che Gottardi usa nel suo podere. E questa è la storia dei Vignaioli Contrà Soarda. A pochi metri Tania Gallo riporta le papille gustative a Bagnoli, nella provincia di Padova, per un assaggio di Friularo Docg. Lo chiamano «l’Amarone dei poveri» anche se non ha nulla da invidiare al nettare veronese. Dalla bacca violacea escono rossi corposi e perfino dei bianchi, se si toglie la buccia all’uva, che fanno impazzire i giapponesi. E per finire perché non assaggiare una caramella all’Amarone? Alessandra Martin, ex insegnante, ha unito l’arte di un maestro cioccolataio della Perugina con il vino Tedeschi creando le prime caramelle di Amarone. Un gadget per tutti gli stranieri che vogliono portarsi a casa qualcosa di più leggero di una bottiglia. La prima produzione è già esaurita.

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