Vedere Italia-Austria a Jesolo e vergognarsi di essere italiano
Sabato sera scorso era a Jesolo, in piazza Mazzini – in ferie – a vedere l’Italia che gioca gli ottavi di finale di Euro2020 contro l’Austria. Siamo in un locale all’aperto, davanti a un maxischermo a guardare una partita tranquilla e a tratti noiosa. Al 65’ gli austriaci segnano, poco lontano – da un tavolo vicino – si alza un’esultanza gioiosa. Nella tana del lupo c’è una comitiva di biancorossi, incredula e felice, per il gol del vantaggio siglato da Arnautovic.
L’arbitro, però, va al Var, è fuorigioco. La platea azzurra inveisce contro il tavolo che ha festeggiato poco prima, alzano il medio, fanno gesti molesti, lanciano bottigliette di plastica vuote. Una scena non bella. La loro colpa? Essere in Italia, la patria del calcio, in ferie, in occasione degli Europei. La loro colpa? Aver esultato, averci creduto. Aver creduto di poter essere Davide e sconfiggere Golia. Vorrei sedermi al loro tavolo, in segno di fratellanza, ma lascio stare. Pare essere finita lì ma, al quinto minuto del primo tempo supplementare, Federico Chiesa decide di far gioire l’Italia intera. Esultiamo tutti insieme qualcuno, però, esagera ancora. Insultano il tavolo degli austriaci e gli lanciano addosso i bicchieri di birra, questa volta, pieni. Una ragazza austriaca è completamente bagnata da pinte medie.
Piange, chiama la mamma, è triste e delusa e non certo per il vantaggio azzurro. L’Italia raddoppia, questa volta con Pessina, l’ambiente è sempre più caldo, la gioia sempre più palpitante, il traguardo sempre più vicino. Cadono dei bicchieri, gli animi si scaldano subito e ancora. Chi è stato colpito crede sia stato fatto apposta, gli altri si giustificano. Litigano, o meglio, litighiamo anche tra di noi, dimenticandoci per qualche istante degli austriaci. Arrivano muso a muso, per un bicchiere caduto, e deve intervenire la polizia.
Nel trambusto, a pochi minuti dalla fine, il maxischermo cessa di esistere. Torniamo uniti, torniamo a stringerci davanti allo schermo dei telefonini in streaming. L’Austria accorcia e sul tavolo dei malcapitati piovono ancora sfottò e insulti, i buttafuori devono intervenire per chiedere ai tifosi azzurri di calmarsi. Triplice fischio, sospiro di sollievo. La folla scema, la gente se ne va. Sento che non devo andare via e chiedo a un amico di supportarmi. Mi reco in terra austriaca e chiedo scusa, a nome di tutti, per quello che hanno subito. Questo non è calcio, questo non è sport, questo non è rispetto. Per un attimo mi vergogno di essere italiano.
Ci spostiamo in un altro bar e in attesa del drink guardo le stories su Instagram. Bolzano sembra Beirut: fumogeni, bombe carta, polizia in antisommossa, persone che spaccano negozi. Perché? Che senso ha? Qualcuno sotto un post Instagram scrive: “Solo così sappiamo essere veramente uniti”, questa non è unione. Il calcio e lo spirito positivo che lo sport sa creare, dovrebbe unirci, nei gol e nelle delusioni. Se no, non saremo mai davvero tutti uniti. —
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