Ecomafie in Veneto: “scoperti” i capannoni, la nuova rotta dei rifiuti fa tappa in Bulgaria
VENEZIA. Ora i capannoni sono pieni e comunque sono molto più sotto controllo di prima. Imbottirli con i rifiuti non è più la principale opzione, anche se il fenomeno persiste. La rotta dei traffici illegali punta all’Est Europa e alla Bulgaria in particolare. A varcare la frontiera, più o meno legalmente, sono spesso i risultati dell’eccellente sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani che, una volta raccolti separatamente, non sempre trovano lo sbocco di mercato per diventare materia seconda.
Antonio Pergolizzi, analista e storico curatore dell’annuale rapporto Ecomafia di Legambiente, non ha dubbi e il fenomeno lo spiega così: «Dall’Italia non escono illegalmente scarti in rame o alluminio, materie che vengono effettivamente riciclate» ricorda Pergolizzi «mentre escono fiumi di plastiche eterogenee e rifiuti solidi indifferenziati provenienti dagli impianti di Trattamento Meccanico Biologico (Tmb) e con un buon potere calorifero».
Nei circuiti criminali finiscono solo le tipologie di scarti provenienti dalle raccolte differenziate che faticano a diventare materia seconda e che in qualche modo devono essere smaltiti. E la combustione in impianti poco controllati ed esigenti diventa l’opzione più interessante. Per questo la Bulgaria e le sue centrali termoelettriche risultano una meta ideale.
Secondo il giornalista bulgaro Damian Vodenitcharov «i permessi per l’incenerimento di rifiuti, sia locali che importati, sono stati concessi dal ministero senza alcuna valutazione di impatto ambientale. Non è inoltre chiaro se le strutture siano state adeguate per bruciare spazzatura anziché il più convenzionale carbone».
I rifiuti viaggiano con l’etichetta di materiali destinati al recupero di materia e in realtà sono un pastone di qualsiasi materiale e le fiamme cancellano il marchio originario. «I trafficanti» sottolinea Pergolizzi «intercettano frazioni di scarti sottraendoli ai circuiti ufficiali, spesso togliendo le castagne dal fuoco di gestioni inefficienti in mano a società in difficoltà economiche e logistiche, di piattaforme poco controllate, di bilanci sempre in bilico.
Teniamo presente che ogni difficoltà dei circuiti legali è l’occasione propizia per i trafficanti». Inviare rifiuti all’estero per incenerirli è conveniente, i controlli sono molto meno stringenti e non esiste al di là dell’Adriatico un equivalente del delitto italiano di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti.
«Da aggiungere» sottolinea l’analista «che il contrasto ai traffici internazionali di rifiuti non è considerato una priorità del nostro paese. Tutt’altro, gli indirizzi politici pressoché unanimi sono per non ostacolare l’uscita di rifiuti particolarmente difficili da gestire, principalmente per scongiurare le perenni emergenze ambientali legate alla loro gestione, come detto in carenza di impianti e di mercati competitivi».
Il problema insomma è che il cerchio ancora non si chiude: secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Ispra nel 2019, i rifiuti del circuito urbano esportati, sono circa 515 mila tonnellate. Il 7,7% di questi, quasi 40 mila tonnellate, provengono dal Veneto. Un imputato eccellente è rappresentato dai centri di trattamento meccanico biologico (Tmb) che, con buona pace di chi, come i grillini degli esordi, li reputava la soluzione a tutti problemi, in realtà consentono di trasformare i rifiuti urbani – che devono essere trattati all’interno dell’ambito territoriale ottimale, cioè la regione – in rifiuti speciali che una volta etichettati come tali possono muoversi liberamente in giro per l’Italia e all’estero.
La quantità di rifiuti trattati nei Tmb nel 2019 in Veneto è aumentata del 8,9% rispetto all’anno prima, mentre decresce in quasi tutta Italia, e delle 410 mila tonnellate trattate nei sei centri di Tmb in Veneto, 33 mila tonnellate espatriano. Peggio di noi, in questo, fanno solo la Campania e il Friuli Venezia Giulia.
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova