La confessione di Androletti: «Peghin e il ds abbracciati, così ho capito che eravamo primi»
Il mister del Padova rivela il retroscena: «Avevo deciso di non seguire il risultato del Vicenza. Andando verso la curva a fine partita ho sentito un boato. Ora però non va sottovalutato nulla»

Matteo Androletti, partiamo dalla fine perché è stata probabilmente l'emozione più intensa. La squadra è sotto la curva che sta festeggiando la vittoria, arriva la notizia del gol della Virtus, i tifosi biancoscudati esplodono e si lasciano andare a un abbraccio collettivo con tutti i giocatori. Come l'avete vissuta?
«Devo essere sincero, in altre occasioni, anche a fine primo tempo, spiavo sempre il risultato del Vicenza, ma stavolta non l'ho fatto. Perché la nostra partita era già difficile di suo, non avevo bisogno di altre complicazioni. Dopo il novantesimo, sapendo del pareggio di Verona ero contento, poi mentre mi stavo avvicinando alla nostra curva ho sentito un boato. Mi sono girato, ho visto il presidente Peghin abbracciato a Mirabelli e allora ho sognato. Ma è stata solo la ciliegina di una torta che siamo stati bravissimi a sfornare grazie a questa vittoria contro la Triestina».
Una prestazione gagliarda, sofferta, cominciata con un approccio spavaldo e conclusa difendendo con le unghie e con i denti la vittoria. Era la partita che avevate preparato?
«Siamo riusciti ad abbinare un buon fraseggio a una straordinaria attitudine difensiva. Nel secondo tempo abbiamo fatto una scelta più conservativa e ci siamo abbassati, perché se si concede poca profondità alla Triestina, diminuisce la loro qualità nelle giocate. Ci siamo difesi bene e dal punto di vista delle occasioni vere e proprie abbiamo concesso pochissimo agli avversari. Questo vuol dire che abbiamo raggiunto un alto livello di qualità anche nella fase difensiva. Poi è chiaro che, e ne abbiamo parlato anche tra primo e secondo tempo, avremmo potuto avere più lucidità in fase di possesso. Ma è ovvio che a un quarto d’ora dalla fine la palla scotta, sopratutto se gli avversari aumentano l’aggressività. In questo momento della stagione, però, la forma conta poco. Conta la sostanza e se c’è bisogno di portare una palla vicino alla bandierina o perdere tempo restando a terra, ci interessa poco. Ora ci interessa solo vincere e abbiamo vinto».
Altro aspetto molto particolare rispetto al solito: fino a un quarto d’ora dalla fine non ha fatto cambi e in totale ha sostituito solo tre giocatori rispetto ai cinque abituali. Come mai?
«Per un semplice motivo. Si cambia quando qualcosa non funziona, ma se vedo una squadra che va bene e si difende con ordine, non ha senso toccarla. Anche perché i giocatori non erano in calo dal punto di vista fisico».
Due giocatori in particolare erano sotto i riflettori. Buonaiuto per le vicende giudiziarie e Bianchi, chiamato a sostituire Crisetig. Come li ha visti?
«Buonaiuto è un calciatore di categoria superiore, è stato un regalo della società. Mi piace sopratutto perché si è calato nella mentalità della squadra. La sua prestazione non mi stupisce perché in settimana l’avevo visto tranquillo. E non mi stupisce nemmeno la grande partita che ha fatto Bianchi. È uno dei capitani di questa squadra, un ragazzo straordinario».
Mancano solo due partite e il Padova è tornato ad avere il destino nelle proprie mani. Adesso come si gestisce questa volata finale con il traguardo a un passo?
«Per assurdo, da quando il Vicenza ci ha sorpassato ho visto ancora più maturità nei ragazzi. Come se si fossero liberati da quella pressione accumulata nelle 34 giornate in cui siamo stati in testa. Ora che siamo tornati davanti serve equilibrio, perché mancano due partite complicate e questo campionato ci ha già mostrato che, appena si sottovaluta qualcosa, si viene puniti».
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