«Aspettai il conte Agusta per 6 ore, ma ne valse la pena»

PADOVA. «Una volta si moriva molto più facilmente perché le piste dove correvamo non erano altro che normalissime strade aperte al traffico fino al giorno prima della gara». Giacomo Agostini, il 18 volte campione del mondo (titoli vinti in sella a Morini, Mv Agusta e Yamaha), martedì sera alla Fornace Carotta, su invito del Moto Club Padova, per presentare il libro "Immagini di una vita", ha tracciato un paragone tra le gare dei suoi tempi e di oggi. «Oltre alla sicurezza, c'è stata un'evoluzione importante sulla meccanica e sulla aerodinamica delle moto. Alla mia prima gara ufficiale, la Trento-Bondone con una Morini, ho corso con la borsa dei ferri attaccata al parafango. Oggi però i colossi giapponesi hanno invaso il mercato e noi italiani ci difendiamo con la sola Ducati».
Le potenzialità del mezzo oggi hanno preso il sopravvento sulla bravura del pilota? «Il pilota conta sempre. Se uno è bravo e corre con una moto competitiva, vince. Quello che è cambiato è che ai miei tempi il pilota aveva un rapporto diverso con il pubblico, con il quale durante la corsa viveva quasi in simbiosi».
Bergamasco di Lovere sul lago d'Iseo, com'è riuscito a contrastare lo strapotere dei piloti emiliano-romagnoli vincendo ben 25 titoli italiani? «Quando mi sono avvicinato alle corse contro la volontà dei miei genitori mio papà mi diceva "dove vuoi andare con quelli là". Devo ringraziare madre natura che mi ha dato delle doti che con un po' di fortuna sono riuscito a sfruttare al meglio».
E il suo approccio con il conte Domenico Agusta? «Con la Morini avevo vinto diverse gare. Un giorno ricevo un invito a presentarmi a Cascina Costa, sede dell'Agusta. Ricordo che l'appuntamento era alle 16. Il conte Augusta mi ricevette sei ore dopo... È valsa comunque la pena di aspettare tutto quel tempo».
Tanti gli aneddoti che il 74enne "Ago" ha raccontato agli appassionati di motociclismo padovani. Tra questi anche quello relativo alla prima gara con la Mv, quando dato per perdente contro i mostri giapponesi Agostini riuscì a vincere nonostante la rottura nelle prove dell'albero della pompa dell'olio della sua moto, che i meccanici riuscirono a ricostruire a mano nel corso della notte in una gelida officina di un circuito tedesco.
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