Beatrice Bebe Vio: "La vita mi ha fatto perdere dei pezzi ma mi ha dato molto altro"

La campionessa del mondo di fioretto, che ha conquistato il pass per le Olimpiadi paralimpiche di Rio 2016, ha incontrato all’Oic di Padova la nazionale di rugby in carrozzina
NATOLI-FOTO PIRAN-PADOVA BEATRICE VIO SCHERMITRICE CAMPIONESSA MONDIALE IN VISITA ALL'OIC DELLA
NATOLI-FOTO PIRAN-PADOVA BEATRICE VIO SCHERMITRICE CAMPIONESSA MONDIALE IN VISITA ALL'OIC DELLA

PADOVA. Fatele credere che sta perdendo, e conquisterà il mondo. Beatrice “Bebe” Vio, a Padova per incontrare all’Opera Immacolata Concezione della Mandria gli atleti del rugby in carrozzina e ad Abano per visitare le strutture del centro di riabilitazione La Residence & Idrokinesis, è un fiume in piena: parole, battute, sorrisi e una potente forza leggera, quella di chi ha già preso un tir in faccia e ora basta, ci si diverte, tuffandosi nella vita a precipizio. «Una settimana dopo che Marco era uscito dall'ospedale, ero felice per lui, per tutte le cose che avrebbe iniziato a fare. Lui mi ha detto: ma sei stupida? Io sono appena stato amputato e tu sei felice per me? Ovvio, non auguro a nessuno, nessuno, di vivere un'esperienza del genere. Ma ero felice per Marco, perché sarebbe entrato nel mio mondo. Qualche tempo dopo, Marco mi ha detto che avevo ragione, il mondo della disabilità è molto più fico di quello che si pensa».

NATOLI-FOTO PIRAN-PADOVA BEATRICE VIO SCHERMITRICE CAMPIONESSA MONDIALE IN VISITA ALL'OIC DELLA
NATOLI-FOTO PIRAN-PADOVA BEATRICE VIO SCHERMITRICE CAMPIONESSA MONDIALE IN VISITA ALL'OIC DELLA

Veneziana di nascita, trevigiana di Mogliano, campionessa mondiale di fioretto, un titolo conquistato stracciando in finale la beniamina di casa, l'ungherese Gyongyi Dani col punteggio di 15-4 a Eger, proprio in Ungheria.

«Lei mi aveva sempre battuta. Psicologicamente, più che fisicamente: ha tantissima esperienza, sa quando bloccare l'incontro, ti fa sentire uno schifo e ti batte di lusso. Ma io dovevo vincere. Ero proprio cattiva su quella pedana, e quando sono così urlo a ogni punto come se fosse l'ultimo. E poi ero a disagio, avevo problemi con le protesi, mi facevano male, per cui era tutto amplificato. Guardavo il punteggio ma non lo vedevo, ero convinta che stesse vincendo lei. Ho visto l'esultanza per la vittoria e solo dopo un paio d'ore mi hanno spiegato che l'avevo battuta 15-4. Sei stata pari solo sullo 0-0, mi ha detto il mio allenatore, Simone Vanni. Se ho bisogno di sapere che sto perdendo, per vincere, ben venga».

Ma la cosa più bella di quel mondiale è stata «La gara a squadre. Ognuno fa il suo portando avanti il punteggio della squadra, ma io sono la più piccola, ero l'ultima e ogni punto che fai è per portare avanti gli altri. E poi adoro il tifo: siamo in quattro, ma siamo uno su quella pedana. E non eravamo nemmeno le più forti, ce la siamo giocata e alla fine un terzo posto al Mondiale è veramente tanta roba, soprattutto dopo due ore e mezzo di gara rispetto alla solita mezz'ora».

Bebe Vio che poi ha sfilato in passerella... «Oddio, ecco. Ero imbarazzatissima, sono la persona più goffa e meno femminile del mondo e non so perché chiamino me. L'ho fatto solo perché l'evento era a scopo benefico, per l'associazione Art4Sport. È stato divertente, anche perché apriva la sfilata una modella vera, poi toccava alle sportive e poi degenerava con me. Ma è sempre bello fare le cose per gli altri».

Gli altri, in questo caso, sono tutti i ragazzi amputati che vogliono fare sport. «Li aiutiamo» spiega Teresa, la mamma di Bebe, «con le protesi adatte allo sport che vogliono praticare e aiutando i loro genitori, che spesso sono spaventati o hanno paura a mostrarli. Per ora ne seguiamo 18».

Com'è essere Bebe Vio? «La mia vita mi ha fatto perdere dei pezzi ma mi ha dato tantissime altre cose che altri non hanno. Ho imparato che davvero, cinque persone spostano una montagna. Ho capito quant'è importante sentirsi parte di una famiglia, per quante cavolate ci lamentiamo e quanto invece è bella la vita. Faccio più fatica a fare le cose, è vero, ma ci sto dentro alla mia situazione, e dopo ne sono più contenta».

Quando aveva 11 anni, Bebe è stata colpita da meningite acuta per cui è stato necessario amputarle gli avambracci e le gambe. Da quei 104 giorni di ospedale sono nati il libro «Mi hanno regalato un sogno» e una campionessa di vita e di sport, che andrà alle prossime Paralimpiadi a Rio de Janeiro.

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