Beruatto: «Io, ex Padova con un figlio al Vicenza...»

«Non so se verrò allo stadio, sono combattuto. Lì ho tanti veri amici, rischierei  di sbagliare curva». «Pietro mi assomiglia? No, lui è un terzino molto più tecnico»
PADOVA. Prima si chiedeva come facesse ad avere un figlio bianconero: per lui, cresciuto nel vivaio del Torino al glorioso “Filadelfia” , una convivenza curiosa. Oggi, per lui che è stato anche allenatore del Padova in Serie C/2 all’alba del nuovo millennio, un altro colpo al “cuore”: Paolo Beruatto ormai ha imparato a convivere con questa strana lotta in famiglia. A gennaio ha compiuto 60 anni, e oggi allena l’Under 17 del Brescia, mentre il figlio Pietro, classe 1998, terzino di spinta tale e quale al padre, l’estate scorsa è finito proprio al Vicenza, in prestito dalla Juventus (
i due nella foto in alto a sinistra
). Lunedì sera casa Beruatto tornerà di nuovo divisa, tra quel ricordo del Padova e il presente nel “Lane” del nuovo gioiello di famiglia.


«Se sarò allo stadio? Non lo so ancora, sono davvero combattuto», sorride l’ex
mister
biancoscudato. «A Padova ho tanti veri amici, che mi porto dietro da allora. Devo ancora decidere, rischierei di sbagliare curva...».


Che sensazioni ha prima di questo
derby
?


«Una bella storia (ride,
ndr
), non saprei neanche da dove partire. Cerco sempre di stare molto defilato dalla carriera professionale di Pietro, ma corsi e ricorsi tornano in ballo. A Padova ho lasciato il cuore, un ricordo al di là dell’aspetto calcistico, perché, dopo aver allenato, sono rimasto lì altri tre anni: mi sono trovato benissimo, in una città che è un po’ l’ombelico calcistico, visto che in quegli anni intorno c’era tutto, dalla Serie A alla C nel giro di un’ora di strada».


E di “campo”, invece, che ricordi ha?


«Sono arrivato in un momento non facile, dopo le famose tre retrocessioni in 4 anni. Sino a dicembre la nostra cavalcata fu straordinaria, eravamo secondi ed esprimevamo un bel calcio, poi c’è stato quel girone di ritorno incredibile, in cui in casa abbiamo vinto solo un partita, contro il Carpi retrocesso: arrivammo sesti, e non riuscimmo a raggiungere i
playoff
. Avevamo parecchi problemi, a fine anno ci fu il cambio in società, ma trovai una persona straordinaria in Gianni Di Marzio (
nella foto più in basso, a sinistra
), credo che senza di lui le cose sarebbero andate ancora peggio».


Lei e suo figlio Pietro: stesso mestiere e stesso ruolo. Ma siete proprio così uguali?


«Per niente, anzi. La divisione in famiglia è arrivata anche proprio per le nostre caratteristiche: io ero un sanguigno, lui è diverso, già i colori di Torino e Juve rispettavano le nostre personalità. Sul campo, poi, lui è molto più tecnico di me. Io cerco di stare defilato, non voglio influenzarlo, e l’accostamento non mi piace nemmeno tanto. Deve fare la sua strada, ha questa grande possibilità e dovrà essere bravo a gestirla bene».


È vero che quest’estate sarebbe potuto venire al Padova?


«Vero, e ovviamente non mi sarebbe dispiaciuto, ma io ero in una posizione un po’ scomoda. Usciva dalla Primavera della Juventus, ha cercato la soluzione migliore: Padova è una grande società, ma il diesse del Vicenza, Moreno Zocchi, veniva proprio dalla Juve, lo conosceva e lo ha voluto con insistenza. Credo che alla fine abbia fatto la scelta giusta».


E nelle prime partite si è già fatto apprezzare molto.


«Forse è andato anche oltre le mie più rosee aspettative. Quando si esce dal vivaio il salto è enorme, magari pensi di essere un giocatore pronto e non ti rendi conto di non aver nemmeno cominciato. Sono contento per lui, è partito bene e forse ha trova la giusta dimensione per iniziare».


Come vede il
derby
?


«Una gran partita, che con la Serie C non c’entra nulla. Due squadre forti e due tifoserie calde e passionali, ma non mi sbilancio in un pronostico».


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