«Corro a New York per fede»

L'inusuale missione di don Marco Pozza
SACERDOTE-MARATONETA. Don Marco Pozza
SACERDOTE-MARATONETA. Don Marco Pozza
 PADOVA.
Prende il nome di «Peppone, Don Camillo... e la Grande Mela» l'iniziativa ideata da un giornalista e un sacerdote. I protagonisti sono Manlio Gasparotto, della Gazzetta dello Sport e don Marco Pozza, religioso vicentino che ha retto una parrocchia a Padova: insieme vanno alla Maratona di New York. E' stata sufficiente una telefonata con il campione di Formula 1 Alex Zanardi per accendere in don Marco Pozza, già appassionato di corsa, la scintilla. «Zanardi mi disse che per non essere un atleta professionista - racconta il sacerdote - facevo tempi strepitosi e così mi suggerì di andare a New York».  «Lo scopo - prosegue don Marco - è di trasmettere un messaggio di fede. Sono dipendente dall'entusiasmo di Alex, mi convinse subito».  E così il sacerdote entra in contatto con Manlio Gasparotto che gli propone di partire per gli Stati Uniti nell'ambito di un progetto sponsorizzato dal quotidiano sportivo e dalla casa editrice De Agostini.  «Il lato sportivo - spiega il religioso - è il pretesto, a noi interessa fare un resoconto della preparazione di una maratona. A questo scopo stiamo preparando un cortometraggio. In contemporanea sto scrivendo un romanzo in cui la mia esperienza personale sarà celata dietro una storia vera di graffittari romani».  Il messaggio di don Marco vuole essere quello di far capire ai giovani la vicinanza tra fede e sport, poiché entrambi adottano un linguaggio comune e trasmettono i medesimi ideali di sacrificio, metodo, caparbietà, solidarietà, fatica, ascesi e sopportazione. «Già san Paolo - sottolinea - accostò sport e fede con termini come atleti, corsa, lotta. Ho abbracciato questo progetto perché mi è parso un modo efficace per avvicinare i giovani alla fede, e per trasmettere insegnamenti importanti: solo faticando si possono raggiungere obiettivi e realizzare i sogni. La molla che ha fatto scattare in me il desiderio di correre è stata la frase di Alex Shwazer dopo il successo di Pechino: Ho vinto perché sono felice. Credo sia un messaggio di fede bellissimo, che ho fatto mio».

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