Da Manchester a Muntari Milan-Juve, sfida senza tempo

Domenica si gioca una classica che risale al 1901 e in Serie A è stata disputata 205 volte Scudetti contesi, rivalità sportive e alleanze societarie, cicli vincenti e polemiche di fuoco 
Antonio Barillà

La storia

Torino

Il Milan è lassù, a -2 vetta, eppure triste per il sorpasso mancato e l’occasionissima buttata via con lo Spezia. La Juve è in ripresa, però fatica a sorridere: bivacca ancora fuori dall’area Champions e l’Inter capolista è lontana, ha 9 punti in più e una gara in meno. Fa nulla, il fascino della partitissima che si giocherà domenica rimane intatto. Nessuno stato d’animo potrebbe graffiarlo: è insito nella sfida stessa, nelle pagine di un romanzo lunghissimo, in una rivalità che affonda radici in un calcio di fango, palloni bitorzoluti e traverse fatte di funi.

Il primo incontro ufficiale risale al 28 aprile 1901, semifinale del campionato federale in piazza d’Armi a Torino, vittoria del Milan che batterà poi il Genoa strappandole per la prima volta lo scudetto, i calciatori della Juventus vestiti ancora di rosa. Le due squadre s’erano già incrociate in amichevole, la prima volta il 22 aprile del 1900 allo stadio Trotter di Milano, ma l’epopea comincia con la doppietta di Negretti e il gol di Kilpin che inaugurano una saga di reti, emozioni e veleni. Da allora, 205 gare in Serie A, nessuna sfida ha avuto così tante repliche, e il rewind impasta duelli sportivi e alleanze societarie, magie ed errori capaci di lasciare tracce profonde sull’albo d’oro del campionato.

Nel 1950, a Torino, sotto la neve, nella prima partita che la tv trasmette in via sperimentale, il Milan di Gren, Nordhal e Liedholm, rifila un clamoroso 7-1 alla Juve capolista, portandosi a un solo punticino, però il sorpasso resterà un’illusione cancellata dallo scudetto bianconero. Nel 1971 parti invertite, 4-1 della Juventus a San Siro, Bettega segna di tacco e Nereo Rocco si toglie letteralmente il cappello, ma la vera rivincita nel punteggio arriva forse nel 1997 quando la Juve di Lippi, sempre in trasferta, divora (6-1) il Milan di Sacchi. È l’alba dell’era Berlusconi, la rivalità sportiva si inasprisce ma l’alleanza economica diventa più stretta, le squadre scalano i vertici e le società condividono il progetto di un calcio che resti romantico ma abbracci il business. L’apoteosi è la finale di Champions League a Manchester, l’Italia sul tetto d’Europa, Ancelotti contro Lippi, una sfida lunga 120’ e il sogno affidato ai calci di rigore: Dida e Buffon sono protagonisti, ma Gigi ipnotizza solo Kaladze e Seedorf, il brasiliano intercetta invece i tiri di Trezeguet, Zalayeta e Montero, così quando Shevchenko scaraventa in gol dal dischetto il Milan agguanta la coppa. Anni formidabili, cicli sovrapposti, contese dure, fotofinish. Nel 2005 la Juve allunga le mani sul titolo, poi revocato, imponendosi a San Siro per 1-0: il gol è di Trezeguet ma resta negli occhi il meraviglioso assist in acrobazia di Del Piero.

Il Milan vince il titolo nel 2011, dopo anni di dominio interista, l’anno dopo si impone però la Juve che inaugura la fiaba dei nove scudetti: decisivo il pari di San Siro che scatena infinite polemiche per via d’un gol fantasma di Muntari, l’arbitro ingannato dalla respinta di Buffon avvenuta in realtà oltre la linea. I rossoneri sono già in vantaggio, metterebbero in ghiaccio i tre punti, all’abbaglio segue invece il pareggio di Matri che peserà moltissimo sul verdetto finale: «Poteva cambiare la storia» sospira ancora oggi Adriano Galliani. Quell’anno, sulla panchina rossonera sedeva Allegri, adesso tornato a Torino per ricostruire la Juve, e in attacco brillava Ibrahmonvic, di nuovo rossonero dopo i gol di Parigi, Manchester e Los Angeles, ultime tappe di una carriera decollata in bianconero dopo la culla dell’Ajax: testimonianze di incroci sentimentali, di storie personali che si intrecciano alla Storia, altri spunti d’interesse per una classica senza tempo. —



Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova