Del Piero: «La mia Inter-Juventus sempre una bella storia di sport»

Alessandro Del Piero, 19 anni in bianconero: si può dire che l’Inter sia stata la più grande rivale?
«Se la prima risposta, d’istinto e senza ragionarci, è quella che vale dico di sì. Ma guardando con più attenzione al mio periodo in bianconero, tra i grandi avversari bisogna comprendere anche il Milan. Sono state sfide fantastiche».
Tra i tanti gol segnati, resta impressa la punizione-scudetto del 2006 a San Siro. È il più importante?
«Certamente è il gol più iconico, tra quelli che sono rimasti di più nella mia carriera, anche per quell’immagine con la linguaccia, che avevo già fatto prima ma che tutti ricordano per quella partita».
Quali altri ricorda?
«Con grande piacere l’ultimo che ho segnato all’Inter, allo Juventus Stadium, nella mia ultima stagione a Torino. È una delle firme lasciate su quel meraviglioso scudetto, col quale ho salutato la mia squadra».
Vive a Los Angeles: dovesse spiegare Inter-Juve agli americani cosa direbbe?
«Una rivalità sportiva straordinaria, difficile da comprendere per chi non vive lo sport e in particolare il calcio come noi italiani. L’attesa della sfida, il clima che si respira a San Siro, il senso del Derby d’Italia, della partita che sogni di giocare, quella che a volte può segnare una stagione. Mi piacerebbe ricordare di meno, anzi vorrei omettere, gli aspetti deteriori, le troppe polemiche e quando a volte questa partita è stata raccontata come una guerra e non come una meravigliosa storia di sport. Pensi che al mio ristorante a Los Angeles, “N.10”, ci sarà un brunch con partita sul maxi schermo. Anche qui sarà Derby d’Italia».
Del Piero contro Ronaldo, cosa ricorda di quei duelli?
«Stima e rispetto reciproco, profondi. Ronaldo il Fenomeno al top della forma è il giocatore più dirompente che ho visto in campo da avversario, potenza e tecnica abbinate in modo straordinario».
Oggi c’è un altro Ronaldo...
«Un altro tipo di campione. Non finisce di stupire per la continuità ad altissimo livello e la capacità di essere determinante quando conta. Una macchina progettata per il calcio».
Dopo anni di supremazia bianconera, l’Inter sembra candidarsi come seria rivale scudetto...
«Toglierei il sembra. L’Inter è candidata, senza dubbio».
Quanto incidono Marotta e Conte nella metamorfosi nerazzurra?
«Tantissimo, non si può ancora dire se e quanto hanno inciso alla Juventus, ma hanno già dimostrato di essere determinati nel seguire la strada che si sono prefissati. Quello che più mi ricorda il primo periodo con loro a Torino è la convinzione nel mettere in atto il progetto condiviso, anche a costo di scelte difficili e costose, in tutti i sensi, come quelle fatte quest’estate sul mercato, in entrata e in uscita».
Conte-Sarri, che sfida è?
«Affascinante, divertente, imprevedibile. Allenatori diversi, ma uniti dalla totalità concui vivono il calcio, una specie di ossessione, soprattutto per il lavoro quotidiano. Due che fanno bene al calcio italiano».
La rivoluzione tattica della Juve è appena iniziata: quando pensa si vedrà davvero in una gara del genere? O è grinta, nervi, agonismo?
«Mi viene in mente una frase di Manu Ginobili, citata più volte in occasione del grande Mondiale di basket disputato dall’Argentina: non si vince con “los huevos”, gli attributi, si vince giocando bene. Ecco, direi che vale anche in questo caso. Senza determinazione e grinta è dura portarla a casa, ma solo quello non basta».
Senza Chiellini: la sensazione è che in partite così manchi particolarmente...
«Giorgio manca sempre, è un punto di riferimento in campo e fuori. A maggior ragione in partite così importanti. La fase difensiva della Juve è in crescita, mi sono piaciuti contro il Bayer, nella partita che ho seguito per Sky, al di là del valore dell’avversario».
Inter più italiana, da Sensi a Barella.
«Ottimi acquisti. A loro mi riferivo, soprattutto, quando parlavo di progetto chiaro nell’Inter. Due italiani giovani, entusiasti, forti, e disposti a tutto per il loro allenatore».
Dybala, il suo erede, rischia di star fuori.
«In questo inizio di stagione succede spesso, ma Paulo ha capito bene – mi pare – come interpretare questa situazione. Può cambiare la partita anche entrando dalla panchina, e lo dico anche per esperienza personale».
Higuain si è ripreso la Juve.
«O la Juve si è ripresa Higuain, e mi pare pure che abbia fatto molto bene».
Lukaku sarà l’uomo chiave di Conte?
«È molto importante, ma ora il più importante è Sensi, determinante in fase offensiva e per le idee dell’Inter in campo».
Che effetto fa vedere Buffon nei panni di dodicesimo?
«È una scelta che solo lui può commentare. In quella fase della carriera, conta molto seguire il cuore, e tornare era quello che voleva. Lo vedo bene, credo possa ancora dare molto alla squadra».
Se in nerazzurri vincono, volano a +5.
«Per il campionato vale poco, un +5 a ottobre non è nulla. Ma può valere tantissimo, in caso di vittoria nerazzurra, per la consapevolezza nei propri mezzi e per minare il percorso di crescita e cambiamento della Juve. Non è decisiva per la classifica, ma importantissima per quello che lascerà nella testa delle due squadre».
Scudetto: un affare Inter-Juve o il Napoli può inserirsi?
«Il Napoli è già dentro. Preoccupano un po’ gli alti e bassi, ma è una squadra attrezzatissima per puntare in alto».
Il Milan ancora fuori dai grandi giri: cosa pensa?
«Ricordo le due stagioni dei settimi posti alla Juve, quando sembra che non ne giri una giusta. È molto dura, sembra che non si riesca a uscirne. Poi arriva la scintilla e cambiano anche quei giocatori che sembrano persi alla causa. Non semplice però accendere quel fuoco quando va tutto male».
Maldini è dirigente rossonero dopo anni di oblio. Totti ha lasciato la Roma. Destini.
«Ognuno ha la sua storia, il passato di certo non si cancella. Auguro il meglio a entrambi, ma visto il momento in particolare a Paolo, che deve affrontare il difficile inizio di stagione del Milan. Spero che ne venga fuori più forte, se lo merita».
Un giovane italiano che l’ha impressionata in questo inizio di campionato?
«Sensi ha 24 anni, dunque non è più così giovane, sennò avrei detto lui. Allora dico Barella e Lorenzo Pellegrini».
Il calcio al tempo della Var: avrebbe gradito?
«Sicuramente sarei stato dalla parte dell’introduzione della tecnologia a supporto degli arbitri. Il Var continua a piacermi, credo che l’applicazione portata all’eccesso sia un po’ da rivedere, e anche la certezza per tutti di quando vada usata e quando no. Ma va migliorata, non si deve tornare indietro». —
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