E Mario mostrò i muscoli

Dal “figlio di...” in Eurovisione all’esultanza a petto nudo in quelle notti magiche
Italian Mario Balotelli jubilates after scoring second personal gol during Uefa Euro 2012 soccer championship Semi-final, Germany vs Italy, at National Stadium, Warsaw, Poland, 28 June 2012. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
Italian Mario Balotelli jubilates after scoring second personal gol during Uefa Euro 2012 soccer championship Semi-final, Germany vs Italy, at National Stadium, Warsaw, Poland, 28 June 2012. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

Se “Italia’90” è stato il Mondiale di Totò Schillaci, “Polonia e Ucraina 2012” sono stati gli Euopei di Mario Balotelli che nella rassegna europea fa di tutto: segna, mostra i muscoli alla Merkel, elimina la Germania ma ce l’ha col mondo. Oppure è il mondo in guerra lui? Il dibattito è aperto ma resta il fatto che il talentuoso attaccante azzurro trasforma sistematicamente il palcoscenico calcistico in un personale “68” .

Ma la sua rivoluzione non passa per l’occupazione, per la scesa in piazza, per una Woodstock pallonara. No, il “genio (solo calcistico intendiamoci) ribelle” sfoga la sua rabbia con lunghi silenzi oppure con epiteti espliciti in Eurovisone. Come quel «figlio di p....» catturato dalle telecamere dopo il gol del 2 a 0 all’Irlanda e stoppato con azzeccata scelta di tempo da Leonardo Bonucci che nell’occasione realizza il miglior intervento della serata, da centrale di classe.

La mancata esultanza. Balotelli entra in campo nella ripresa, per rompere il ghiaccio cerca di rifilare una gomitata a Dunne, poi segna il gol del raddoppio azzurro, non esulta e si lancia nell’epiteto (strozzato dal compagno di squadra) con lo sguardo rivolto verso il centro del campo. Ma chi è il destinatario del messaggio? Gli avversari? Il pubblico? I compagni? O Cesare Prandelli reo di non averlo schierato titolare nella partita decisiva del girone? «Non so se ce l’aveva con me – afferma il ct durante la conferenza stampa – glielo chiederò».

Detto fatto. Durante l’allenamento il ct prende in disparte il giocatore e tra i due inizia un confronto tranquillo che dura un paio di minuti. «No, con ce l’aveva con me», rassicura Prandelli che però riconosce l’anomalia del giocatore di origine ghanese, sempre borderline, sospeso tra il talento e la vocazione straordinari e quella dimensione di campione che ancora lo respinge.

Questione di neuroni. Per Mourinho , raffinato allenatore e fine psicologo, è semplice carenza di neuroni. Per Prandelli è un carattere con lavori in corso. «Fondamentalmente è un ragazzo d’oro – sottolinea ancora il ct – che deve capire che per diventare un campione deve passare per certe esperienze che sono le critiche, i fischi o la panchina. Ho avuto coraggio a lasciarlo fuori perché volevo che la sua rabbia si trasformasse in gioco e cattiveria agonistica e i fatti mi hanno dato ragione perché Mario ha giocato come volevo, mettendosi tra i due centrali, dando profondità al nostro gioco e cercando la porta. Eppoi ha anche segnato».

Esultanza nulla. Un gol importante ma con un’esultanza da partitella del giovedì. È giovane, milionario, esercita la professione più ambita al mondo, vive emozioni che molti non osano nemmeno sognare e poi non abbozza un sorriso nemmeno quando segna con l’Italia.

Un bravo ragazzo allora con qualche mania di persecuzione di troppo e che con il suo atteggiamento non contribuisce a stemperare l’atmosfera. Come quando se ne esce dallo stadio con capellino da rapper, cuffie alle orecchie e nega l’autografo a due ragazzine che lo aspettavano da un paio d’ore. Già, ma con chi ce l’ha Balotelli? Probabilmente con tutti e fondamentalmente anche con se stesso. Con qualche irlandese che lo fischia, con quella palla che non entra, con quel gruppo azzurro col quale condivide la maglia ma non il cuore.

Contro per statuto. Balotelli è contro per statuto. E allora eccolo esibire la scritta “Why always me (perché sempre io)” sulla maglietta sotto la divisa del Manchester City o esibirsi con la maglia del Milan quando è a libro paga dell’Inter, passeggiare con una sconosciuta per le vie del centro di Cracovia per poi arrabbiarsi con i fotografi. Oppure, tanto per dirne un’altra, quando rovinò la festa nerazzurra dopo il 3-1 al Barcellona nella semifinale di andata della Champions 2010. Buttò a terra la maglia e mandò tutti a quel paese.

Sono magiche le notti di Balotelli a Euro 2012 ma, per ora restano le ultime da calciatore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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