Francesca Bortolozzi mamma e insegnante «Sì, sono esigente ma con il sorriso»

Campionessa olimpica due volte, moglie, mamma e ora maestra di scherma. E' sempre bella e piena di emozioni la vita di Francesca Bortolozzi, 51 anni, componente di punta di quel Dream Team del fioretto femminile che sbaragliò il campo, nella gara a squadre, ai Giochi di Barcellona 1992 (con Giovanna Trillini, Diana Bianchedi, Margherita Zalaffi e Dorina Vaccaroni) e a quelli di Atlanta 1996 (ancora con la Trillini e poi Valentina Vezzali), aggiungendovi l'argento alle Olimpiadi di Seul 1988. Se poi integriamo con i podi dei Mondiali, ci troviamo di fronte ad una vera e propria donna-immagine dello sport azzurro, con 4 titoli iridati conquistati a livello individuale e di squadra, un palmarès che le è valso il titolo di Commendatore della Repubblica Italiana. E adesso, insieme al marito Andrea Borella, anch'egli campione olimpico (a Los Angeles 1984) e mondiale (per ben cinque volte), insegna a tirare nella splendida sala-allenamenti della sede della Comini, in via dei Colli, a Padova.
Francesca, che bilancio si sente di fare di se stessa?
«Parto dalla donna. Mi ritengo fortunata, e anche soddisfatta, della famiglia che ho creato, perché le mie figlie Claudia e Laura, una di 22 anni e l'altra di 18, sono cresciute tanto, al punto che la più piccola, il giorno del compleanno, mi ha apostrofato così: “Non sei più responsabile di nessuna di noi!”. Lei ha iniziato la scherma a 11 anni, più tardi della sorella, ma questo le è servito a fortificare il carattere, a maturare esperienze diverse, organizzandosi bene con la scuola. Era un argomento molto delicato, per me e Andrea, spingere le bambine a fare lo stesso sport di papà e mamma, ma non le abbiamo forzate. La richiesta è partita da loro, ed è arrivata un po' prima, Claudia ha cominciato a 8 anni. Laura inizialmente non ne voleva sapere, ha giocato a tennis per tre anni. Penso che sino ad una certa età i piccoli debbano pensare solo a divertirsi e che tu non li debba sottoporre ad allenamenti stressanti. E così abbiamo voluto. Pur avendo 4 anni di differenze, sono due sorelle molto legate fra di loro, e questa per me è la più grande soddisfazione. Sono ragazze equilibrate, eppure ognuna ha interessi diversi: Laura ama molto l'arte, l'anno prossimo cercherà di entrare allo Iuav, all'Università di moda e design della moda, fa il liceo linguistico, va a vedersi le mostre di arti e pittura, mentre Claudia è più completa e più razionale. Come mamma, tengo molto al dialogo con entrambe, e poi sono abituata a frequentare i bambini e le bambine che vengono a 6-7 anni e che poi, a distanza di tempo, tornano a salutarmi quando si sono laureati e laureate. Vuol dire aver lasciato un bel ricordo in loro».
E come maestra di fioretto?
«Ho una vena un po' materna nell'insegnare, con un occhio particolare per i miei atleti, è come se fossero mie figlie. Ricordo papà che mi seguiva molto quando ero ragazza: dopo una parentesi vissuta al Cus Padova, quando avevo 16 anni, in seconda liceo classico, passai al Circolo Scherma Mestre del maestro Livio Di Rosa e lui mi accompagnava lì tre volte alla settimana. Chiudeva il negozio di antiquariato e io studiavo in auto, poi mi aspettava e mi riportava a casa. Che insegnante sono? Abbastanza esigente, eppure non è che con tutti adotto lo stesso metodo. Cerco di assecondare le caratteristiche di ognuno sin da quando è piccolo. Esistono regole comportamentali da cui non si transige, ma lavoriamo in un ambiente divertente. Credo di essere per le ragazze un punto di riferimento, tuttavia ho cresciuto tanti maschietti, per cui preparare le une o gli altri mi è indifferente. Qui arrivano tanti atleti da fuori provincia, anche da Verona, Vicenza e Rovigo, e diversi stranieri».
A meno di un anno dalle Olimpiadi, c'è una vena di rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato in carriera?
«No. Ho smesso di fare sport ad alto livello per una scelta precisa, compiuta al momento giusto. Ho continuato a partecipare a qualche gara in Italia, quindi a 32 anni ho rinunciato ad andare all'estero, per cui non ho rimpianti. L'unico, se proprio vogliamo definirlo tale, è stato quello legato a Sidney 2000, la prima Olimpiade dopo le mie da protagonista che ho seguito con un po' di malinconia. Ma nel complesso sono contenta del percorso seguito come atleta, un bel percorso. Non si può avere tutto, non ho vinto una medaglia olimpica nell'individuale, ma a livello di squadra sì, e sono felice di essere rimasta nel mio ambiente e di essere oggi anche nello staff tecnico della Nazionale Under 20».
Con Andrea le nozze risalgono a 24 anni fa. Lei Toro, lui Cancro. Si può dire che la scherma sia stata galeotta per entrambi?
«Sì. Andiamo d'accordo sulle cose basilari e abbiamo gli stessi princìpi morali. In più cresciamo i ragazzi con le stesse basi, anche tecniche. Caratterialmente lui è tendenzialmente un po' serioso, io più sorridente, ma chi bacchetta di più nella preparazione è la sottoscritta. Sono più pignola e severa. Vorrei programmare tutto, mentre lui improvvisa. Gli riconosco eccezionali capacità come maestro, oltre a qualità umane e ad una bontà d'animo fuori dal comune». —
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