I 100 anni del Tc Padova: Camporese-Panatta, quanti bei ricordi

PADOVA. Finisce 9-6 per la coppia Camporese-Panatta, e la rivincita sul giorno precedente (un set al 6 giocato a Bologna) ci sta tutta: Nargiso-Nastase sorridono, hanno perso con onore e adesso sono pari e patta con gli amici-rivali. «Adriano, hai bisogno dell’ambulanza?» la più divertente battuta del campione romeno, 66 anni all’anagrafe, ex numero uno al mondo delle classifiche Atp, indirizzata a Panatta durante un cambio-campo.
Un migliaio alla festa. Era il piatto forte della festa dei 100 anni, quello dell’esibizione in doppio dei “grandi” del tennis italiano e internazionale proposto dagli organizzatori del Tc Padova per una domenica da vivere sull’onda delle emozioni e dei bei ricordi, ma anche per presentarsi alla città con una veste rinnovata e con l’annuncio di Omar Camporese come direttore tecnico del circolo, a cui affidare l’avviamento allo sport della racchetta di 270 fra bambini e ragazzi. Ebbene, sono accorsi in un migliaio, complice la splendida giornata di sole, per celebrare anche gli atleti che hanno insignito il Tc di allori importanti: la squadra femminile che vinse la Coppa Italia nel 1980, quella maschile che conquistò lo stesso trofeo nel 1981, l’under 16 maschile tricolore nel 2003.
«Non parlo, sennò...». Troppo ghiotta l’occasione di averlo a portata di mano per lasciarsi sfuggire una chiacchierata con Adriano Panatta, icona del nostro sport ma personaggio senza tanti peli sulla lingua. Dieci minuti di botta e risposta prima della partita ci hanno confermato come l’ex campione e capitano non giocatore della Nazionale abbia assunto una posizione di rottura netta con la Federazione. Il tentativo va a buon fine, ma Panatta una premessa doverosa sente di farla: «Non mi chieda nulla sulla politica federale, non parlo...». E allora ecco quello che gli siamo riusciti a strappare di bocca.
Partiamo dalla stretta attualità: gli azzurri hanno superato il Cile in Coppa Davis e restano in serie A.
«Ci mancava altro che non ci fossero riusciti...».
Beh, i maschi non è che stiano regalandoci molte soddisfazioni. Da anni sono le donne a tenere alti i nostri colori.
«Vero. Non ricordo di uno dei nostri ragazzi in semifinale in un torneo del Grande Slam, mentre le ragazze ci approdano, eccome. E raggiungono pure le finali, trionfando in alcuni casi».
Come mai, secondo lei, questa differenza di rendimento?
«Il tennis a livello femminile è più semplice, si è molto livellato e, a parte Serena Williams, che fisicamente è fortissima, le prime 15-20 giocatrici sono tutte lì, e le nostre fanno bella figura con merito. Gli uomini, invece, soffrono. Perché? Lo vada a chiedere a chi è a capo del movimento del nostro Paese, io mi sono rotto...».
Ma non può essere un fatto generazionale? Dopo di voi, parlo di lei, Barazzutti e Bertolucci, l’Italia non ha più avuto campioni da quartieri alti nelle graduatorie mondiali.
«Ma non è vero. I Camporese e i Nargiso, che sono qui, e e pure i Canè e i Gaudenzi sono stati a lungo fra i primi 20 al mondo, hanno raggiunto traguardi importanti in vari tornei. Oggi? Non c’è, come ai nostri tempi, un Centro tecnico dove i più promettenti possano allenarsi ed essere seguiti come si deve».
E allora?
«E allora niente, io sono fuori da tutto e non penso minimamente a rientrare. Faccio tante altre cose e mi diverto».
Ma quanto tempo bisognerà aspettare prima di vedere un altro italiano nella top ten della disciplina?
«Cent’anni, proprio come quelli che ha il Tc Padova» (e ride).
Niente da dire: è fuori dagli schemi, però risulta simpatico. E quanto a popolarità, è ancora e sempre il più acclamato.
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