«Il bacio alla pista nascondeva i crampi»

di Gianfranco Natoli
PADOVA
«Cosa ricordo di quel famoso bacio? Che non volevo proprio baciare».
Chi ama l’atletica, soprattutto in chiave azzurra, non ha grandi ricordi. Ammettiamolo, non sono tante le medaglie che abbiamo vinto, ma quelle poche nell’immaginario popolare restano impresse per sempre. Come quella del 1988, conquistata a Seoul da Gelindo Bordin dopo una incredibile cavalcata sotto un sole cocente.
Una gara tutta all’attacco la sua: al venticinquesimo chilometro il gruppo di testa comincia a sfaldarsi e a cinque chilometri dal termine rimangono solo in tre: Bordin, Douglas Wakiihuri del Kenya, e Ahmed Salah del Gibuti. A tre chilometri dal traguardo gli altri due scattano, ma quando rimangono mille metri da correre Bordin li supera e vince l'oro, tagliando il traguardo nello stadio Olimpico.
«La foto del mio arrivo è rimasta storica. In molti ricordano che mi sono chinato per baciare la pista. La verità è un’altra. Mi hanno ceduto le gambe per i crampi e quando mi sono trovato in ginocchio mi è venuto naturale proseguire il gesto fino a toccare terra. Ma riguardando la scena al rallentatore si vede che il bacio è arrivato perché non avevo la forza di rialzarmi».
Gelindo ride. Il prossimo anno festeggerà i primi venticinque anni da quello storico oro. La scusa per tornare in Corea?
«Non ci ho ancora pensato, ma non credo, piuttosto parteciperò a qualche maratona in Italia, sicuramente sarò al via a Treviso il prossimo 4 marzo. Sono tornato a correre solo da un paio di anni e per me ora è importante restare in forma. Credo sia giusto promuovere le nostre maratone. Ho tanti amici tra gli organizzatori...».
Vestito casual, faccia un po’ più segnata dagli anni, ma Gelindo nel fisico non è molto lontano da quello che ha trionfato alla maratona di Boston, conquistando medaglie d’oro agli Europei di Stoccarda 1986 e Spalato 1990, un bronzo ai Mondiali di Roma del 1987. L’aria è rilassata. L’ampia sala attrezzi della palestra Forum di via Savelli lo fa sentire un po’ a casa sua. Lui non ha mai realmente smesso, ancora adesso corre, ovviamente da atleta master, e non ha voluto mancare alla prima tappa del 2012 della CorrixPadova.
«Quello che fate ogni settimana è straordinario, credo che il successo della manifestazione rispecchi anche la tendenza di questi ultimi anni che vede il mondo del runner in rapida ascesa».
Gelindo Bordin, vicentino di Longare, 53 anni il prossimo 2 aprile, parla da esperto, forte del suo ruolo di responsabile marketing e sponsorizzazionidella Diadora.
«Sono numeri importanti. Basti pensare che di tutte le scarpe che sono realizzate per lo sport, un quarto sono destinate alla corsa. In Italia il fenomeno è in forte crescita. Ogni anno sono commercializzate oltre 5 milioni di paia di scarpe, almeno 1 milione e 300 mila per i runner. Circa il 35 per cento sono acquistate da donne. Il trend è in aumento e sono convinto che nel giro di cinque anni sarà raddoppiato».
Padova capitale del running lo può testimoniare, anche se poi si assiste al fenomeno contrario se guardiamo al numero di atleti agonisti che praticano l’atletica...
«Già. Manca quella base formata dai ragazzi che ormai preferiscono stare davanti a una televisione, a un computer. Mi sento spesso chiedere come mai ormai nella maratona vincono solo atleti di colore? Semplice, perché non ci sono più bianchi che corrono. Ai miei tempi i keniani c’erano già, eppure li ho battuti. Adesso non si fa più sport e il discorso vale per altre discipline. Mi riferisco anche al calcio. Da noi i campioni non ci sono più e nei nostri campionati giocano ormai solo gente di colore. Bisogna tornare a dialogare con i giovani, a stimolarli».
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