Il Cus Padova e la memoria del Novecento

PADOVA. Basta alzare lo sguardo. Da una parte ci sono le cupole di Santa Giustina, dall’altra lo stadio Appiani. A fare da collante Prato della Valle. Da qui per arrivare agli impianti del Cus, proprietà dell’Università di Padova, ci sono appena duecento metri. A rendere funzionanti le due strutture di via Giordano Bruno e a tenerle aperte per 360 giorni all’anno, è il lavoro di una dozzina di dipendenti, a cui va aggiunta l’attività di un altro centinaio di persone tra tecnici, preparatori atletici e dirigenti tutti volontari. Ventimila metri quadrati dove è possibile trovare la storica palestra polivalente (pallavolo, hockey, pallacanestro, pallamano), una palestra per la scherma, una per lo judo, quattro campi da tennis in terra battuta scoperti e illuminati e un campo da calcio a 5.
Ogni avventura umana, e quella del Centro Sportivo Universitario di Padova (Cus) è legata a luoghi, date, a uomini e donne, all’intrecciarsi delle loro vite, dei loro sogni, delle loro aspirazioni, delle loro intuizioni, dei loro errori. Quella che raccontiamo è una storia lunga, che ha attraversato buona parte del Novecento, portandosi dietro il sacrificio e le illusioni di chi ha visto l’Italia vivere a pieno le grandi speranze offerte dalla scienza, due tragiche guerre mondiali, il momento della rinascita, il boom economico, la sfida del terrorismo, la speranza del terzo millennio. Quella che oggi è la sede del Cus nasce come Gruppo Rionale Fascista Bonservizi, inaugurato da Benito Mussolini sabato 24 settembre 1938. Il nome Bonservizi dice poco ai padovani, se non a quelli più anziani che ne ricordano l’intero complesso. In realtà la denominazione Bonservizi non nasce dalla qualità dei servizi offerti. Bonservizi è stato un uomo, un attivista che, peraltro con Padova c’entrava davvero poco.
Nicola Bonservizi nasce il 2 dicembre 1890 a Urbisaglia in provincia di Macerata. Figlio primogenito di Caterina Brunelli e Adolfo Bonservizi, suo malgrado finisce catapultato agli onori della nostra città grazie all’amicizia con Mussolini. Fervente interventista come tenente di artiglieria, Bonservizi collabora alla rivista Utopia che il futuro Duce fonda dopo l’uscita dall’Avanti e dal partito Socialista. Fascista della prima ora (era in piazza San Sepolcro a Milano quando il 23 marzo 1919 nascono i Fasci italiani di Combattimento), il giovane giornalista marchigiano lavora come redattore fin dalla fondazione al Popolo d’Italia. Nel 1920 decide di trasferirsi a Parigi, dove ricopre l’incarico di corrispondente, sempre per conto del Popolo d’Italia, e dove fonda il settimanale Italie nouvelle. Attivissimo, appassionato, nel 1921 è nominato delegato politico del partito fascista in Francia. Fece una brutta fine: ferito il 20 marzo 1924 dall’anarchico Enrico Bonomini mentre si trovava nel ristorante Savoia, muore sei giorni dopo, il 26 marzo. Dopo le onoranze funebri celebrate a Parigi, la salma è trasportata a Milano dove ad attenderla c’è Benito Mussolini. Per ricordare Nicola Bonservizi nel 1936 si modifica il nome del Comune da Urbisaglia in Urbisaglia-Bonservizi, denominazione mantenuta ufficialmente fino al 1945, nei giorni successivi alla Liberazione quando fu poi smantellato ogni ricordo con il regime. Sembra che fu lo stesso Benito Mussolini a volere che la sede del Gruppo Rionale Fascista di Padova, realizzata da Quirino De Giorgio su un’area di 8.454 metri quadrati, fosse dedicata a Nicola Bonservizi. Il complesso, nato a ridosso delle mure cinquecentesche e confinante con via Giordano Bruno, fu progettato come due corpi di fabbrica orizzontali che lasciassero vedere le mura retrostanti. Un’esauriente descrizione del Gruppo Rionale Fascista Bonservizi è contenuta nel fascicolo I luoghi della memoria realizzato da Roberto Bettella ed Emilio Mainini in collaborazione con Roberto Conte e Paola Pizzo per conto del Comune di Padova.
«Per analogia con i bastioni», si legge nel centinaio di pagine del volumetto, «De Giorgio usò materiale di cotto a faccia a vista lavorato con mattone sporgente e una tavella rientrante che creano continue nervature orizzontali. In un corpo di fabbrica vennero sistemati al primo piano gli uffici, e al piano terreno il Dopolavoro; in un altro venne creata la sala delle riunioni. Le due costruzioni vennero unite da un corridoio a vetri. Accanto a queste due parti De Giorgio costruì la torre su via Giordano Bruno, unita alla sala per mezzo del vestibolo a giorno, ad archi. La torre termina con un giro d’aquile a sbalzo e con aperture a feritoie. Sopra la porta d’entrata la Vittoria fascista a bassorilievo in cotto, mentre teste di leone, pure in cotto, aggettano dalle superfici piene della sala. Le pareti dell’atrio erano rivestite da lastre in pietra tenera con simboli dovuti ad Amleto Sartori. Nel muro di fondo della sala un affresco rappresentava la gioventù del Littorio, l’Italia guerriera e lavoratrice, la Maternità e la Donna italiana. Lo spazio tra la sede e le mura cinquecentesche venne adibito a teatro dei Tremila per le rappresentazioni teatrali estive, mentre nello spazio tra la sede e il bastione venne costruito il teatro dei Diecimila per le manifestazioni liriche all’aperto. L’edificio era utilizzato soprattutto nelle riunioni del Partito Nazionale Fascista, per le varie categorie ed età o per rievocazioni e celebrazioni. Serviva spesso per attività ricreative che prevedevano l’organizzazione di rappresentazioni teatrali, quasi sempre di compagnie amatoriali, di spettacoli per bambini».
Quello che qualche anno dopo diventerà il cuore della Padova universitaria che ama lo sport, già da allora era legato ad attività sportiva, in particolare con la buona stagione, a gare di bocce che si svolgevano nei campi di via d’Aquapendente, nell’allora sede della trattoria Giaba. Dopo l’8 settembre 1943 il Bonservizi scompare dalle pagine dei quotidiani cittadini a testimonianza di una diversa e più riservata destinazione d’uso: il complesso ospita la sede del comando del battaglione Ettore Muti e della diciottesima brigata nera Begon, diventando anche teatro di violenze nei confronti di antifascisti. Sono anni di grandi sofferenze e dolori quelli che legano la storia padovana alla fine della seconda guerra mondiale. Il Gruppo Rionale di via Giordano Bruno perde la sua funzione di centro di aggregazione per trasformarsi sempre più in strumento di becero potere politico. La conclusione del conflitto lo vedrà ancora lì, non più nella vecchia denominazione dedicata al giornalista Nicola Bonservizi, ma pur sempre nell’originaria filosofia di luogo dove potersi ritrovare, stare insieme. Per fare sport, per crescere fisicamente e intellettualmente. A muoversi per primi sono gli studenti dell’Università di Padova che sentono forte l’esigenza di ricominciare. Significativa è la data di lunedì 28 maggio 1945 che decreta la nascita dell’Associazione Universitaria Studentesca (Aus). Alle ore 10 in via 8 febbraio, nel cortile del Bo, si ritrovano in diciotto che votano la nomina del presidente Ennio Ronchitelli, del vice presidente Gelserino Graziato e di Pilade Tosi che si deve occupare di sport. Funge da segretario provvisorio Aldo Fior. Il nascente Aus chiede aiuto al commissario facente funzioni di Rettore, Concetto Marchesi. Alberto Pettinella, già addetto allo sport ai tempi dei Gruppi Universitari Fascisti e che per mezzo secolo sarà l’anima del Cus Padova, torna alla ribalta il 1 ottobre, sempre del 1945. In occasione di un’animata assemblea studentesca Ennio Ronchitelli riesce a fargli affidare il settore sport nonostante qualcuno rinfacciasse a Pettinella la vecchia appartenenza ai Guf. Ma Ronchitelli ben conosce la tempra e le grandi capacità di questo ragazzo che la guerra ha minato nel fisico, non certo nel carattere. C’è da fare tutto, soprattutto organizzare. E Alberto Pettinella in questo è davvero un maestro. È lui il 22 marzo 1946 a far arrivare a Padova i rappresentanti di sette Università italiane, più altri sei per delega. La storica riunione che sancisce la nascita del Cus Padova e del Cusi (Centro Sportivo Universitario Italiano) si svolge nell’aula Trentin di Giurisprudenza. Inizia una fantastica avventura che vede il Cus Padova portare ai vertici dello sport italiano centinaia di donne e uomini, campioni veri.
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