Il Padova resuscita: vittoria in rimonta contro il Varese

PADOVA. Finalmente! Il Padova vince la prima partita del suo tormentato e “avvelenato” inizio di campionato, e lo fa nella situazione psicologica, e di risultato, peggiore che si potesse immaginare. Sotto di un gol (1-2) all’intervallo contro la vice-capolista Varese, trova nella ripresa, grazie ad un’indovinata mossa tattica del suo nuovo allenatore, Bortolo Mutti, passato dal 4-4-2 al 4-2-3-1 (fuori Ampuero e dentro Ciano, un’altra punta), la chiave per far saltare il grimaldello posto dagli uomini di Sottili alla porta di Bressan: pareggio e sorpasso in poco più di 120 secondi. È la fine di un incubo, anche se l’ultimo posto (per ora in compagnia della Juve Stabia, che scende in campo oggi) è ancora tale, ma la notizia sono i tre punti che arrivano in un colpo solo e, soprattutto, un attacco che va a bersaglio con tutti gli effettivi disponibili, compreso Federico Melchiorri, “pescato” in serie D e che dimostra di avere numeri importanti.
Dunque, il cambio in panchina ha prodotto subito l’effetto sperato: la squadra si è sbloccata, pur evidenziando le solite note negative nel reparto arretrato. Ma ci è piaciuto il carattere, lo spirito di reazione invocato alla vigilia è uscito fuori prepotentemente e ha fatto la differenza alla distanza. Chissà che le basi per creare davvero un gruppo coeso e solidale in tutte le sue componenti siano state gettate in questo freddo venerdì di ottobre. Il derby con il Cittadella di domenica 13 capita a fagiolo per una probante verifica. Se il Padova vuole salvarsi, deve giocare così: in campo, specie nella seconda parte della sfida, si è visto ben altro atteggiamento da parte di alcuni biancoscudati, apparsi sconcertanti nelle precedenti occasioni. Solo una questione di “manico” oppure c’era davvero qualcos’altro, come ha lasciato trasparire Cuffa ad inizio settimana?
Senza Iori, è giallo. Il passaggio alla difesa a 4, rispetto ai 3 con cui giocava Marcolin, non estirpa comunque il “neo” che fa male: il Padova becca sempre gol. Ma prima di parlare degli errori dei centrali e dei terzini, non si può sorvolare sulla nuova assenza di Iori in cabina di regia. Non c’era a Modena, e non si è visto neppure contro i lombardi, ufficialmente per il solito torcicollo. Malessere “diplomatico”? Chi lo ha visto correre già la domenica dopo il k.o. al Braglia e in settimana a Desenzano assicura che il giocatore stava bene. Mah...
Comunque sia, privo del suo uomo-faro, il Padova gioca la prima parte della sfida più sulla forza dei nervi e dell’agonismo che su quella delle idee. L’impegno c’è, ben altra cosa rispetto alla prestazione vergognosa di sabato scorso, ma la costante delle reti incassate - siamo già a 14 in 7 partite portate a termine - è un dazio che “ammazzerebbe” chiunque.
Il fattore Pavoletti. Se il Varese è nei quartieri alti, un motivo c’è. Semplice: ha un attaccante, Leonardo Pavoletti, classe 1988, arrivato dal Sassuolo, che non si fa pregare nel metterla dentro. Oltretutto di testa è micidiale: certo che se poi si trovano avversari che dicono “prego, accomodati”, segnare diventa ancora più facile. La doppietta, che lo issa solitario in vetta alla graduatoria dei cannonieri con 7 centri, ne è l’esemplificazione: stacco imperioso sul primo palo, bruciando sul tempo Benedetti, a girare dalla parte opposta, un pallone indirizzatogli da Caetano Calil dal corner (26’), capocciata beffarda, saltando tra Benedetti e Ceccarelli, su delizioso lancio di Zecchin, con la sfera indirizzata nell’angolo (37’).
Melchiorri, la provvidenza. Rischiato dal tecnico nonostante pochi allenamenti dopo essere stato fermo un mese e mezzo per un’ernia lombare, il 26enne di Macerata assurge a protagonista del match nel giorno dell’esordio in B. Nei primi 45’ sigla il momentaneo pari di testa, deviando in torsione alle spalle di Bressan un cross di Cuffa (31’), e nella ripresa si scatena, una spina nel fianco dei centrali difensivi. Prima favorisce, recuperando un pallone che sembrava perso, il pareggio di Pasquato, perfetto nell’incunearsi centralmente e nel battere Bressan in diagonale (16’), e 120 secondi dopo ruba la sfera all’incerto Rea, entrando in area e procurandosi con mestiere il rigore decisivo (18’). Dal dischetto Ciancio, uno degli elementi trasformatisi da “brutto anatroccolo” in “cigno”, non sbaglia.
Il Varese reclama. La verve dei biancoscudati, scatenati quando hanno praterie davanti a loro, cresce con il passare dei minuti. Cestaro, come ai vecchi tempi, urla il suo incitamento al microfono, e lo stadio esplode. Nel finale il Varese attacca, invoca due penalty per una strattonata di Laczko su Forte (41’) e un presunto contatto in area fra lo stesso Forte e Jelenic (43’). Ma Baracani dice di no in entrambe le occasioni. Che sia girato il vento anche da parte degli arbitri?
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