La nuova avventura di De Poli riparte dal TomboloVigontina

L’ex direttore di Padova e Cittadella raccoglie la sfida di organizzare la società «È stata dura restare fuori. Il mio errore? Accettare di andare a Taranto» 
EDEL-FOTO PIRAN-PADOVA-CALCIO PADOVA-PORDENONE.de poli
EDEL-FOTO PIRAN-PADOVA-CALCIO PADOVA-PORDENONE.de poli

TOMBOLO

Rieccolo. Dove l’avevamo lasciato? Ma sì, a Taranto, due stagioni calcistiche fa (2016/17), in mezzo a una vera e propria bufera societaria, e con una tifoseria in subbuglio che aveva aggredito i giocatori dopo una sconfitta, spingendoli alla fine di fatto verso la retrocessione in Serie D. Di Fabrizio De Poli, poi, si erano perse le tracce o quasi, commesso viaggiatore del pallone tra Danimarca e Portogallo. Adesso – l’ufficializzazione c’è stata lunedì sera – il 60enne ex direttore di Cittadella e Padova, ma manager in passato anche di Genoa, Lucchese e Vicenza, riparte da... casa per una nuova, stimolante avventura: gli hanno affidato l’organizzazione della neonata TomboloVigontina, società di Eccellenza nata dalla fusione fra il Tombolo e la Vigontina, appunto, club storici del dilettantismo padovano. E per un tombolano come lui quale migliore occasione di smentire, una volta tanto, il celebre detto “nemo propheta in patria”?

De Poli, dov’eravamo rimasti? «Dopo Taranto, l’anno scorso ho girovagato un po’ di qua e di là in Europa, ma soprattutto tra Danimarca e Portogallo. In quest’ultimo Paese ho degli amici che hanno una società, la quale è retrocessa nella Lega Pro. Ho dato loro una mano a tirarla su, e devo dire che è stata una bella esperienza. L’importante è aver instaurato un giro di contatti ad alto livello, in particolare con il Porto, uno dei club lusitani più prestigiosi. Adesso sono qua».

Prima di parlare del progetto e del ruolo che ricoprirà, sia sincero: è dura restare fuori? «È dura sì, anche perché quando uno si domanda che cosa abbia fatto di male nella vita per non trovare lavoro, diventa tutto più difficile. Se hai un po’ di amor proprio e passione per la professione, non è semplice rimanere fermi e continuare a vedere partite senza che nessuno ti chiami. Il telefono non suona più, e perdi oltretutto quei contatti che avresti potuto coltivare lavorando. Di consolante, ma in senso amaro, c’è che dopo un’annata fuori sono rientrato in un ambiente in cui ho operato per lungo tempo e l’ho trovato cambiato in modo devastante, sia sotto il profilo della professionalità che di come si propone».

Errori se ne imputa? «Uno in particolare. Aver dato retta ad amici che mi avevano chiesto un favore e che mi presentarono una situazione del Taranto che non era quella reale. Però, è stata un’esperienza che mi è servita. Un rammarico vero, tuttavia, ce l’ho: quello di non essere potuto restare a Padova. Avrei continuato a lavorare volentieri con i biancoscudati».

Riparte da casa. Com’è nata l’idea di dare una mano al TomboloVigontina? «In Portogallo dovrò ritornare presto, per questioni legate sempre al calcio. Nel frattempo, è saltata fuori questa possibilità. Con Bepi Tramonti ed Ennio Marini, dirigenti della Vigontina, ci conosciamo da anni, ho sempre avuto un buon rapporto; loro insieme a Romeo Vilnai e a Paolo Beghetto, altro tombolano, hanno portato dopo 26 anni un calcio decoroso in paese. L’amministrazione locale sta rispondendo alla grande, è stato realizzato un campo sintetico piccolino, a brevissimo ne partirà presto un altro, sempre in sintetico, più grande, con spogliatoi annessi. Si è messo mano al terreno di gioco dell’impianto comunale, per cui progressi ce ne sono pure su quel fronte. Ancora: ho scoperto che esiste una squadra femminile di A2 e ci sono amatori di Tombolo che vengono da fuori. Ho preso ampi contatti con la realtà del mio paese, insomma, e alla fine, di fronte alle loro richieste – parlo di tombolani e vigontini – ho detto di sì. Pensate che ci sono anche due settori giovanili, uno della storica Ac Tombolo e l’altro della Virtus Tombolo. Trovare tutto questo bendidio mi ha stimolato a dare una mano».

Con che spirito ci si tuffa in una simile avventura? «Io sono nato a Tombolo, in casa come si usava una volta, in un quartiere che si chiama Borgofuro. Ho giocato in patronato, poi sono andato a Cittadella. E nella squadra del mio paese non ho mai militato. Per me è una sfida, anche nei confronti del famoso detto. Il compito è di fare da punto di riferimento per la proprietà. Uno degli obiettivi è di creare una struttura societaria ben definita, con partecipazioni azionarie da parte di gente di Tombolo e di Vigonza, e da lì poi partire con una strategia ben precisa».

Ma alla fine che cosa farà Fabrizio De Poli da grande? «Per adesso mi dedicherò al TomboloVigontina, e se riesco a convincere qualche tombolano ad aiutarci....».

Pensa al suo ex presidente del Padova, Tonino Pilotto? «No, non a lui». Ennio Doris, allora? La risposta è un sorriso, che può dire molto come nulla. Provarci, però... —



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