La rimpatriata di Alexi Lalas: «Padova mi ha dato tanto, sono cresciuto come uomo»

PADOVA. Di diverso, 23 anni dopo, ci sono il look e una famiglia (Anne, la moglie, e i figli Sophie, 13 anni, ed Henry, 10). Per il resto, Alexi Lalas è sempre lo stesso di quando indossava la maglia numero 6 (e poi 22) ed era il “personaggio” per eccellenza del Padova, ritornato in Serie A nel giugno 1994. Capelli tagliati corti, barba e baffetti appena accennati, lo yankee di Los Angeles alle 11 esatte di ieri ha fatto l’ingresso-ritorno nello stadio in cui aveva recitato da protagonista nel campionato 1994/95 e per metà in quello successivo, inaugurando il cerimoniale di una giornata speciale tutta dedicata a lui, un amarcord a 360 gradi, che lo ha riportato là dove era iniziata una splendida e irripetibile avventura italiana, con happening finale all’Appiani.

LA BATTUTA IN DIALETTO Non è sembrato affatto a disagio quando, messo piede in sede, è stato accolto dal presidente Daniele Boscolo Meneguolo. E ancor di meno quando si è fatto un giretto prima nel Museo attiguo, dove campeggiano alcune sue foto e dove ha apposto il proprio autografo sul “muro”, accanto a tanti altri ex, e infine sul prato. Ha iniziato con una battuta. “Ho chiamato Pippo Maniero e mi ha risposto: “Come sea? ” (riproposto in perfetto dialetto veneto, ndr)”. E poi via, con i ricordi: “Qui sono cresciuto come giocatore, la domenica affrontavamo i migliori attaccanti della Serie A, da Balbo a Fonseca, da Vialli a Baggio, da Ravanelli a Gullit, da Stoichkov a Del Piero, e tanti altri. Quanto ho imparato! Per me era importante, però, anche l’aspetto umano, perché si poteva perdere o vincere, ma vivere ogni giorno con i compagni di squadra, gli allenatori, i dirigenti e i tifosi era un grosso regalo”.

«IO IL PIU’BELLO»
Ha snocciolato aneddoti e siparietti di vita vissuta, poi concessi alla curiosità di oltre 300 tifosi accorsi dopo le 18 nel vecchio impianto di via Carducci. Alexi, ora distinto signore di 49 anni, che fa l’inviato tv per Fox Sport America (fresco reduce dai Mondiali femminili francesi, dove ha visto le sue connazionali laurearsi ancora una volta campionesse iridate), ha lasciato il segno quando si è lasciato andare ad un’altra gag delle sue: “Non ero sicuramente il difensore più forte, né l’americano più forte, ma il più bello sì. E lo sono anche adesso”.

I VERBI CON FRANCESCHETTI
Il cambiamento fisico è avvenuto nel 2000, via i capelli lunghi, la barba e i baffi, ma dentro – ha assicurato – “sono sempre lo stesso”. Arrivava a Bresseo a piedi nudi, con gli anfibi sulle spalle ( “Era una moda, il mio modo di essere”), e ha fatto tesoro di tutto in quel periodo.
“Con Franceschetti, mio compagno di stanza in ritiro a Bressanone e l’unico a masticare un po’ di inglese, la prima notte feci un po’ di verbi, lui me li insegnò, perché dovevo parlare in fretta qualcosa d’italiano. Successivamente la prima settimana a Padova volevo acquistare un fax, perché allora era fondamentale e mi serviva. E con il fax avevo ossessionato la squadra”. E quando si arrabbiava? Pippo Maniero l’ha raccontata, per la gioia di tutti: “Sandreani una volta lo riprese in allenamento, lui se ne andò, e fece a piedi, con scarpe e pantaloncini, l’intero tragitto da Bresseo ad Abano, dove alloggiava”.
LA MUSICA
Lalas non ha perso l’altra grande passione, quella per la musica. Suona ancora la chitarra con la sua band, i Ginger (e all’Appiani ha cantato un brano di uno dei 5 album da lui pubblicati).
Davanti al sindaco (e suo ex presidente) Sergio Giordani e ai vecchi compagni venuti a salutarlo – Longhi, Maniero e Gabrieli, oltre all’ex massaggiatore Rino Baron – ha ricordato il viaggio a Berlino in occasione della mega-festa per la caduta del Muro, con l’allora ds Piero Aggradi che lo marcava stretto per impedirgli... distrazioni extra. Poi è passato di nuovo al calcio. “Credo di aver portato un’altra mentalità, cercando di far capire ai tifosi che c’è un modo diverso di vedere le cose”.
IL GOL AL MILAN? COL VAR...
“Quando mi dissero, dopo il Mondiale 1994, che avrei potuto giocare nella Serie A italiana non ci pensai due volte. Ricordo che Marco (sempre Franceschetti) mi urlava alla prima partita: “Ma dove vai? ”. Io gli rispondevo: “Abbiamo una difesa a 5, posso avanzare, no? ”. Finì 5-0 per la Sampdoria... Il mio gol al Milan? Pensai subito di essere in fuorigioco, oggi con il Var forse me l’avrebbero annullato”.
AMICIZIA E RISPETTO
Alla fine Alexi ha lanciato un messaggio ai calciatori di oggi: “Non c’è solo la partita, che dura 90’. Servono amicizia e rispetto e le relazioni per me restano la prima cosa”.
E rivolto ai tifosi, costretti a ripartire dalla Serie C: “Voglio dire loro grazie, per quanto mi hanno dato. Il Padova è una squadra che rappresenta una città con tanta storia, ma se non ritorneremo (significativo il plurale, ndr) a quei livelli non sarà un dramma. Lo scudo non cambierà, cambieranno proprietari, dirigenti e giocatori, ma questo scudo resterà sempre. È una questione di fede”. Applausi a scena aperta e una promessa: “Tornerò ancora, Padova è un pezzo del mio cuore”. —
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova