Leggenda Federer Contro Cilic arriva il ventesimo slam

Il fuoriclasse svizzero vince dopo 5 combattuti set «Conclusione di una favola. L’età? È un numero»
epa06481294 Winner Roger Federer of Switzerland holds his trophy during the awarding ceremony of the Men's final match at the Australian Open Grand Slam tennis tournament in Melbourne, Australia, 28 January 2018. EPA/LUKAS COCH AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT
epa06481294 Winner Roger Federer of Switzerland holds his trophy during the awarding ceremony of the Men's final match at the Australian Open Grand Slam tennis tournament in Melbourne, Australia, 28 January 2018. EPA/LUKAS COCH AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT

MELBOURNE. Tre ore, e cinque set (6-2, 6-7, 6-3, 3-6, 6-1) per scrivere una favola. Roger Federer ha inciso il suo nome su un torneo del Grande Slam per la ventesima volta, l’unico ad averne vinti tre dopo i 35 anni. Marin Cilic è stato degno avversario, ma contro la Storia non si può. E allora, forse, la scelta migliore è raccontare questo giorno attraverso le parole del vincitore, più significative del solito. A fine match, ancora sudato sul campo, Roger ha accennato a qualcosa, ma nessuno poteva capire: «Sono felicissimo, dopo una giornata lunghissima, perché quando giochi di sera in attesa di scendere in campo ti viene da pensare tanto. Vincere è la conclusione della favola», cui ha fatto seguito l’omaggio allo sconfitto: «Marin, continua così e vedrai che ti toglierai tante soddisfazioni».

Poi, dopo la doccia, Federer ha spiegato compiutamente i dubbi che lo avevano pervaso: «Dopo il quarto set ho solo pensato che fosse l’ora di tornare a vincere un game perché ne avevo persi vari di fila. Dovevo rompere il suo momento positivo, cercare di servire bene. Sono riuscito a prendermelo, e speravo che potesse aiutarmi a cambiare la situazione. Cosa che poi è successa. Mi è servita anche un pizzico di esperienza, così come la fortuna. Credo mi abbia dato una mano». La vigilia della finale è stata più contorta di quello che si possa immaginare: «Mi era già successo contro Berdych. Non so spiegare bene cosa sia stato, ma sentivo che probabilmente avrei perso, che il mio avversario avrebbe giocato meglio di me. Il forfait di Chung mi ha un po’ destabilizzato: non mi era mai capitato qualcosa di simile, e l’altra notte ho faticato parecchio a prendere sonno. Avevo già iniziato a pensare come avrei dovuto giocare contro Marin, a quanto sarebbe stato bello vincere il mio ventesimo Slam, e a quanto sarebbe stato brutto perdere. Ho avuto gli stessi pensieri per 36 ore, non è stato facile, ma sono comunque riuscito a partire bene e durante l’incontro quei pensieri sono svaniti».

Resta la consapevolezza di aver compiuto qualcosa di grandioso. «Eppure non mi interessa tanto aver raggiunto tanti titoli quanto vivere certe emozioni, in un match da montagne russe. È un momento speciale, ho difeso il mio titolo dello scorso anno, la favola dunque continua. Questo per me conta davvero, sto vivendo di nuovo un momento fantastico della mia vita».

Quale sia il segreto, non è poi così misterioso. «Credo che uno sia il non giocare troppo, l’avere un grande team al mio fianco, che rende tutto più facile. Vado avanti anche perché adoro vedere i miei genitori fieri di me e felicissimi di ciò che faccio. E poi c’è mia moglie, Mirka: rende possibile tutto questo. Senza il suo appoggio avrei smesso anni fa. Ne abbiamo parlato, le ho chiesto se fosse contenta di vedermi continuare a girare il mondo per giocare a tennis, e lei mi ha supportato alla grande. Si è presa tante responsabilità con i bambini, e senza di lei questa vita non avrebbe avanti, perché se stasera sono seduto qui con la coppa vuol dire che i tanti pezzi del puzzle sono al loro posto».

E il futuro? Ad agosto gli anni saranno 37. «Non ho idea di come sarà il mio futuro. Cercherò solo di continuare con un calendario intelligente ed essere affamato di successi, sperando che ne arrivino altri. L’età non è un problema, ma solo un numero».

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