Paola Egonu: «Insulti razzisti a Treviso»

GALLIERA VENETA. «A Treviso, durante un match, i genitori delle avversarie facevano il verso della scimmia». Il desolante episodio raccontato dalla pallavolista Paola Egonu ad un giornalista mette i brividi. Dal caso-Omolade del 2001 ne è passata di acqua sotto i ponti, ma c’è chi, evidentemente, fatica ancora a rapportarsi con la realtà. La 17enne schiacciatrice, talento del Club Italia e rivelazione della Nazionale di Bonitta, ha rivelato il deprimente episodio nelle interviste post-Turchia. Risale a due anni fa, quand’era già nel Club Italia. Notizia che nella “sportiva” Marca non è passata inosservata. Perché Paola, fisico da modella, 190 centimetri di altezza e braccio-killer, è sotto i riflettori. Le sue extension rosse sono un marchio di fabbrica. Come il colpo che ha piegato la polacca Belcik ed è nella top-five del recente torneo chiuso dall’Italia al 3º posto.
Nata a Cittadella da genitori nigeriani e cresciuta a Galliera, è il fenomeno del momento. Con Valentina Diouf e Sara Bonifacio ha formato ad Ankara il terzetto delle “coloratine”, che, attraverso lo sport, lanciano uno splendido messaggio di integrazione.
Paola, capiamo la delicatezza del tema, ma le va di tornare su quella partita del Trevigiano, dove fosti bersaglio di offese razziste? Nell’edizione milanese del Corriere vai anche più nello specifico: «Mi insultavano urlando di tornare al mio Paese e che potevo solo pulire per terra». Che cosa si sente di dire a quei genitori?
«Affari loro! Fu una loro scelta, la cosa non mi riguarda. Accadde due anni fa, ma di quel match preferisco non parlare».
Lei e la Diouf potete diventare ambasciatrici nella lotta al razzismo?
«Possiamo lanciare un messaggio d’integrazione. Ma definirci “ambasciatrici” mi sembra un po’ eccessivo».
Che messaggio vuole lanciare?
«Lo sport va oltre il pregiudizio».
Il razzismo è un problema che avverte?
«No. Mai successo niente. Salvo gli episodi citati, che riguardano però il passato».
Com’è nato l’aggettivo “coloratine”?
«Spontaneamente. Lo trovo normale».
Voi “coloratine” avete trascinato l’Italia al secondo preolimpico di maggio. Siete un bellissimo spot per la pallavolo e la società: ci pensa?
«Oggi è più facile e normale trovare ragazze di colore nelle selezioni azzurre. Lo sport è strumento d’integrazione».
Come vive questo momento d’oro?
«Sono felice, il duro lavoro viene sempre ripagato. Ma è solo un punto di partenza. E le belle sensazioni del dopo-Ankara devono spingermi a dare sempre il meglio».
Gli obiettivi?
«Allenarmi sodo per meritarmi la convocazione al torneo di maggio in Giappone che qualifica alle Olimpiadi. E dare ogni giorno il meglio al Club Italia».
Serbatoio cui la Nazionale maggiore attinge a piene mani: da lei ad Alessia Orro, passando per Anna Danesi. E solo in extremis non è volata ad Ankara la castellana Anastasia Guerra. Come vivete al Centro Pavesi?
«Bene, ci conosciamo da anni. Condividere l’azzurro è la normalità».
Quando rientra a Galliera?
«Quando posso. Sono via da quando avevo 13 anni».
A proposito: come si è avvicinata al volley?
«Guardando i cartoni animati di Mila e Shiro».
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