Pietro Paolo Mennea la freccia di Barletta non smette di correre

di Annalisa Celeghin
L'hanno paragonato a Totò, per le espressioni spiritate del viso, teso durante la corsa; l'hanno definito ombroso, cupo, taciturno; l'hanno detto troppo magro, troppo basso, per essere un vero sprinter. Di certo c'è questo: nella prima metà degli anni Settanta Pietro Mennea era, nel mondo, il nome italiano più famoso, in buona compagnia di Leonardo e Ferrari.
È lui stesso che ci racconta la sua vita in questa biografia, "La corsa non finisce mai", scritta in collaborazione con il giornalista Daniele Menarini (Lìmina edizioni, 16 euro): dagli esordi nel profondo sud della sua Barletta fino al mitico record mondiale nei 200 metri del 1979, quei 19''72 mai più nemmeno replicati, per ben vent'anni; dalle gare contro le automobili sui 50 metri per le strade delle sua città fino all'oro olimpico di Mosca 1980.
Di strada, letteralmente, Pietro Paolo Mennea ne ha fatta tanta. E l'ha fatta a modo suo, senza mai scendere a compromessi, se non con sé stesso e con il suo fisico; a suon di avvii, partenze dai blocchi, scatti, uscite dalla curva: "la grammatica della velocità".
Grammatica dettata dal suo storico allenatore, Carlo Vittori, che, a suon di colorite incitazioni ("zio cane!"), ha contributo a fare di Mennea l'atleta eccezionale che è stato.
In questo libro trovano posto stralci dei suoi diari tecnici, stilati meticolosamente, che ci danno l'idea di quanto nulla, nella sua preparazione, fosse lasciato al caso; accanto a questi dati, freddi, trova sempre spazio l'annotazione psicologica, da cui emerge un uomo che ha molto sofferto di solitudine.
«Sono stanco di non avere una vita fuori da me atleta. Stanco di essere solo un atleta, ma soprattutto stanco di essere un'atleta solo», queste le sue ragioni per il ritiro, nel 1980.
Deciderà di rientrare un paio d'anni dopo, incapace di restare lontano dalle corsie degli stadi di atletica, ma troverà un mondo diverso, ormai sempre più regolato dal business e dalle sponsorizzazioni, ma soprattutto sporcato dalla piaga del doping: un mondo che gli piace sempre meno.
E allora via, di corsa, verso un'altra vita: quella delle sue quattro lauree e del suo impegno politico e filantropico.
Sempre di corsa, sempre "senza cercare scorciatoie, né aspettare che il futuro cada dal cielo". Questo é, ancora adesso, Pietro Paolo Mennea.
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