Pordenone, la pagina più bella dopo cent’anni Il Friuli nel grande calcio non è più solo Udinese
la cavalcata
Agli albori del secolo – 99 anni di vita, anche se il centenario si celebrerà proprio nel 2019, con il nuovo campionato – il Pordenone ha scritto la pagina più bella della sua storia, conquistando per la prima volta il diritto a giocare in Serie B. Una promozione, quella dei “ramarri”, che si è materializzata grazie ad una continuità di risultati – 19 vittorie, 15 pareggi e 3 sole sconfitte – che alla fine hanno sgretolato anche la resistenza della Triestina, staccata di 5 punti alla penultima giornata.
LA FORZA DI CREDERCI
Una notte intera a far festa, dopo il 3 a 1 rifilato alla Giana Erminio, con una tifoseria ebbra di felicità e due personaggi su tutti da celebrare: il presidente Mauro Lovisa e l'allenatore Attilio Tesser. Lovisa innanzitutto, in carica dal 2007, quando si era in Eccellenza. Nel 2004 Gian Paolo Zuzzi, oggi presidente onorario neroverde ma allora patron del Don Bosco, il club dei Salesiani, cedette il titolo al Pordenone per consentirgli di ripartire dalla Promozione, dimenticando il fallimento sportivo (non economico) che ne aveva caratterizzato quella stagione. Tre anni dopo Lovisa, imprenditore di Rauscedo e titolare della Vitis, azienda di famiglia che produce barbatelle di vite innestate, salì al vertice e iniziò a costruire, mattone dopo mattone, il suo castello dei sogni: dodici anni e il miracolo si è realizzato. Al fianco ha avuto il figlio Matteo, in pratica il direttore sportivo del club. Ha speso parecchi milioni di euro che in parte potrebbero rientrare con i contributi della Lega B.
TESSER, e quattro
Sul campo, l'artefice del grande risultato è stato Tesser. Sessant'anni, il tecnico di Montebelluna ha colto la quarta promozione in carriera, dopo le due di Novara (salto doppio, dalla terza serie alla A) e quella di Cremona (anche lì dalla C ai cadetti). Amato dai tifosi, il bravo Attilio sembra intenzionato però ad andarsene, da vincitore. Lo attirerebbero molto le “sirene” di Vicenza, dove Renzo Rosso avrebbe pronto un progetto su misura per lui (magari con Stefano Marchetti, ora al Cittadella, come direttore sportivo?). A questo punto un ritorno di Bruno Tedino, idolo del popolo del “Bottecchia” e in ottimi rapporti con Lovisa, non è da escludere. Quanto alla rosa, resterebbero De Agostini e Stefani, giocatori-chioccia del gruppo, insieme a Candellone, Ciurria, Burrai e Barison. Ad essi si aggiungerebbero, oltre ad un blocco di giovani, 5-6 nomi di categoria, che la B la conoscono bene: un paio di difensori centrali, due centrocampisti e uno o due attaccanti. Il presidente da solo non può sostenere lo sforzo, ma si vocifera, dopo che è rientrato il timore di una cessione del titolo con trasferimento a Treviso, che un industriale veneto possa affiancarlo nella gestione.
SI GIOCA A UDINE
Unica certezza, confermata dallo stesso patron e dai Pozzo, è che il Pordenone disputerà le partite alla Dacia Arena di Udine, a 50 chilometri da casa, in alternanza con l'Udinese. L'accordo verrà presto perfezionato. Il “Bottecchia” tornerà ad essere un velodromo e basta. Infine, una curiosità: il post comparso su Facebook “Siamo mai stati in B” in occasione del famoso ottavo di finale della Coppa Italia con l'Inter a San Siro del dicembre 2017 (slogan coniato accomunando i nerazzurri, mai nella loro storia retrocessi dalla A) è stato riproposto su Instagram, cancellando con una riga “mai stati”. Il tabù è caduto, una città intera ora è in pace con se stessa. —
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