Quelli del fair play Sottocanestro al servizio di Dio

PADOVA. Hanno scelto di chiamarsi The fair players. Tradotto dall’inglese significa “quelli del fair play”. Una sfida per il gioco corretto e sportivo, raccolta da una squadra amatoriale e multietnica, che propaganda la faccia del basket più sano e “pulito”. Il gruppo è stato fondato nel 2006 da Silvano Massaro e Marco Tatriele, due cristiani evangelici animati dal desiderio di servire Dio in tutti gli ambiti della vita quotidiana, compreso quello cestistico. «Il richiamo al fair play», spiega Massaro, «è rivolto a tutti i giocatori, affinché in campo s’impegnino a essere leali. Non abbiamo deciso di chiamarci così perché siamo tali, ma perché aspiriamo a essere tali. La squadra si è costituita giocando al campetto in estate, ma poi abbiamo pensato di continuare con il basket anche durante l’inverno, in palestra». La gestione dei The fair players soggiace a una specie di codice morale, riferito a un insieme di regole non scritte, come: non utilizzare un linguaggio scurrile, obbedire agli ordini del coach, allenarsi con il gruppo e, in particolare, rispettare avversari e compagni di squadra. Attualmente, il team, che si allena due volte alla settimana nella palestra del liceo Modigliani, conta 28 atleti (ma il roster originario ne comprendeva ben 42) dai 21 ai 52 anni. Sono quasi tutti padovani. Alcuni, però, provengono anche da altri paesi (Spagna, Filippine, Croazia, Sudafrica e Cuba). «Siamo tutti giovani universitari, lavoratori e padri di famiglia con la passione del basket», sottolinea il giocatore-coordinatore dei The fair players, Ivan Buratto, «Io, ad esempio, ho 40 anni e lavoro per un corriere espresso, ma nel tempo libero mi piace giocare a pallacanestro. La nostra è una formazione multirazziale, aperta a persone di qualunque etnia. Puntiamo a divertirci e stare assieme». E quando un vostro cestista non si comporta lealmente? «Finora, è prevalso il buon senso», risponde Buratto, «non è mai successo, che qualcuno abbia sgarrato. Se accadrà, ne parleremo». Quelli del fair play sono anche un ingegnere spagnolo del reparto corse di una casa automobilistica, un filippino di una ditta del settore tipografico a Limena, l’attivista di un’associazione sociale, medici, architetti, rappresentanti e impiegati. Persone comuni, che svolgono professioni diverse. Armando Laccetti (43 anni), giocatore-allenatore della squadra, è un agente della polizia penitenziaria: «Il problema è che tante società sportive preferiscono prendere giocatori a destra e manca, ma spesso abbandonano i propri atleti usciti dal settore giovanile. I The fair players accolgono anche questi atleti dandogli l’opportunità di proseguire con la pallacanestro per puro divertimento. Nel prossimo futuro, però, il club vuole iscriversi al campionato amatoriale.
Mattia Rossetto
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