«Solo una leggerezza in buonafede»

Doping. Licenziato dalla Cannondale il padovano Agostini: «Ho preso un farmaco»

SAN MARTINO DI LUPARI. L’ombra del doping piomba ancora una volta sul mondo del ciclismo. E stavolta è coinvolto un padovano di San Martino di Lupari: Stefano Agostini (24 anni), corridore professionista della Brixia Sport Cannondale, è risultato positivo al Clostebol, uno steroide anabolizzante pesante. L’Unione ciclistica internazionale (Uci) ha rilevato la positività di Agostini (nato a Udine, ma da sempre residente nel paese dell’Alta padovana) in seguito a un controllo effettuato il 21 agosto, dopo il Tour of Utah.

Venerdì scorso, al comunicato dell’Uci è scattato il licenziamento dell’atleta da parte della stessa società bresciana. «La procedura per l’interruzione del contratto», rivela il team manager della Cannodale Pro Cycling, Roberto Amadio, «era stata già attivata da Brixia Sport il 23 agosto, con ampio anticipo rispetto all’esito del controllo, dopo che Agostini aveva comunicato alla squadra l’uso di propria spontanea volontà, senza autorizzazione e tantomeno prescrizione dello staff sanitario del team, di una crema contenente un principio attivo proibito inserito nella lista diramata dalla Wada e nella lista Cvd del ministero della Salute».

Agostini, cresciuto tra gli Esordienti e i Giovanissimi dell’Uc Lupi, ha spiccato il volo al Molino di Ferro Giorgione e alla Zalf Desirèe Fior, prima di passare ai pro della Liquigas. È considerato una grande promessa del ciclismo italiano, ma ora rischia una squalifica di due anni. Uno stop che potrebbe compromettere definitivamente la sua carriera come corrridore professionista.

Lui però non si scoraggia, convinto di poter dimostrare l’uso non doloso del principio attivo proibito. «Tornato dallo Utah», spiega infatti Stefano Agostini, «ho avvertito un forte prurito al gluteo sinistro. Durante la notte, non riuscendo a dormire, mia mamma mi ha dato la Trofodermin, una pomata impiegata per le lacerazioni procurate da lesioni cutanee e foruncolosi. Il caso ha voluto che nei giorni successivi fossi sottoposto a un controllo antidoping, dove ho subito dichiarato di aver assunto la crema. Ho saputo solo dai risultati delle analisi che conteneva il Clostebol. Vedere il mio nome associato a quello del doping, mi ha fatto crollare il mondo addosso. Mi assumo le mie responsabilità, ho commesso una leggerezza in buona fede. Voglio però dimostrare di aver adoperato la pomata una sola volta: non farò le controanalisi, ma chiederò vengano controllate le quantità di Clostebol e dell’antibiotico (la neomicina, ndr) presenti al momento dei controlli. Non so se questa sarà la fine della mia carriera, ma non sono un dopato». Stefano, comunque ha detto non volersi arrendere.

Mattia Rossetto

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