Una meraviglia sul ring: la leggenda di Hagler
Una vera leggenda, Marvin Hagler. Il pugile americano, classe 1954, è stato ribattezzato “The Marvelous” (meraviglia, in inglese) e questo soprannome se l’è talmente cucito addosso da aggiungerlo al...
Una vera leggenda, Marvin Hagler. Il pugile americano, classe 1954, è stato ribattezzato “The Marvelous” (meraviglia, in inglese) e questo soprannome se l’è talmente cucito addosso da aggiungerlo al suo vero, all’anagrafe. Per fare boxe ed entrare nell’Olimpo dei miti sembra essere fondamentale avere delle radici ruvide e rabbiose. Nel caso di Hagler gli inizi complicati non mancano: un’infanzia in salita con cinque fratelli e la madre, sola; un quartiere, a Newark, teatro di scontri razziali e di devastazioni; il carattere di chi non si dà mai per vinto, per necessità di sopravvivenza ma anche per la voglia di alzare la testa e sì, di vincere.
A raccontare le sue gesta di pugile e di uomo è Andrea Bacci, che scrive di sport e soprattutto di boxe:
Sei anni, sei mesi, dieci giorni. La leggenda di Marvelous Marvin Hagler
(Ultrasport, 16 euro) è il suo volume, che trasuda passione e amore per la disciplina e per l’atleta. Il titolo non è nient’altro che la durata del regno di Hagler come campione del mondo di pesi medi, dominio interrotto da uno storico incontro con un altro mito, Sugar Rey. La vita della “meraviglia” è copione buono per un film: «Un diamante grezzo che impara ogni esercizio e ogni colpo alla prima volta che li vede... un prodigio della natura. È un destro naturale... ma quando è sul ring fa tutto al contrario, e preferisce una postura da mancino, con il braccio destro in avanti e la mano sinistra come pugno forte. Di pugili così ne nasce uno ogni vent’anni. Forse».
Settantadue incontri, di cui tre persi e gli altri vinti, dei quali 52 per Ko. Per Hagler la boxe è anche una via per vendicarsi dei torti subiti: quando incontra sul ring un bullo che lo aveva preso a cazzotti da ragazzino, dilata il momento della vittoria per prolungargli la punizione, per ricambiare l’umiliazione. La sua carriera, chiusa nel 1987 a 33 anni, non l’ha visto mettere da parte la sua voglia di primeggiare e di rimanere comunque al centro dell’attenzione. È stato anche attore, in una parentesi della sua vita perfettamente coerente con ciò che è venuto prima.
A chiudere questo volume alcune interviste rilasciate a partire dal 2003, che ben chiosano questa biografia: «Decisi di ritirarmi e fu una buona scelta. Ma i campioni di oggi, mi dispiace per loro, li spaccherei tutti a metà».
Annalisa Celeghin
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