Vazquez il “padovano” sceglie l’azzurro

L’argentino del Palermo ha deciso per il “sì” se arriverà la chiamata in Nazionale

PADOVA. Franco Vazquez non è solo italiano. È proprio veneto, e parla anche il dialetto. Anzi, per la precisione, il dialetto lo capisce soltanto per tener fede al suo soprannome, quello di El mudo, il muto, affibbiatogli quando era un ragazzino piuttosto taciturno. Sono ben solide le radici padovane di uno dei giocatori-rivelazione del campionato di calcio di serie A, il 26enne fantasista del Palermo, nato a Tanti, in Argentina, da mamma italiana. Mamma che, nonostante viva in Sudamerica da più di 50 anni, ha sempre voluto mantenere la cittadinanza italiana e l'ha tramandata al figlio, che nei giorni scorsi ha rotto gli indugi, scegliendo la Nazionale azzurra. Al punto che sembra scontata la prima convocazione del Ct Conte per gli impegni del mese prossimo nelle qualificazioni europee.

«Per me sarebbe un onore vestire l'azzurro, mia mamma è padovana e molti miei parenti vivono a Padova», ha confessato il giocatore. Ecco perché siamo andati a ricercare le origini del fenomeno Vazquez, imbattendoci in una delle tante storie di emigrazione del dopoguerra. Siamo nel 1960 quando Giuseppe Bianconi, dipendente di una ditta energetica che fa affari con il Sudamerica, dopo uno dei tanti viaggi dall'altra parte del mondo, decide di prendere armi e bagagli e portare la famiglia a Villa Carlos Paz, in provincia di Cordoba. Lascia la casa padovana di via Bertacchi assieme alla moglie Lucia Guarotto e alla figlia Marina, di pochi mesi. A Carlos Paz fonda un’azienda meccanica e mette radici, facendo nascere gli altri 5 figli. Solo Marina, che si sposerà con Oscar Vasquez, è nata in Italia, ma il legame con il Belpaese non si è mai spezzato, come confermano i parenti rimasti in Italia. «Siamo sempre in contatto con zia Lucia e zio Bepi», spiega Tiziano Rossini, 57enne cugino di Marina che ora vive ad Albignasego. «Noi, assieme agli altri cugini, siamo i parenti più stretti rimasti in Italia e ci vediamo almeno una volta l'anno, a Padova o in Argentina. A casa Bianconi si sono mantenute le tradizioni venete e si è sempre parlato l'italiano, oltre al dialetto». Franco, tra l'altro, è italiano anche dal ramo paterno (la nonna è italiana) e il padre ora gestisce l'azienda fondata da nonno Bepi. «Se non avesse scelto la maglia azzurra, la madre l'avrebbe bastonato», scherza Tiziano. «Siamo molto orgogliosi della sua decisione. È cresciuto tanto ed è un ragazzo serio e umile».

L'ultima volta in cui Franco è stato a Padova risale alla scorsa estate, dopo il ritiro estivo del Palermo. E dai parenti ha portato anche un amico, il compagno Dybala. I due sono usciti assieme al trentenne figlio di Tiziano, Alessio, che spiega: «Due ragazzi semplici, tranquilli e di compagnia. Non si atteggiano per nulla a divi, non sembrano nemmeno calciatori. Io non seguivo il pallone, ma Franco mi ha fatto appassionare e ora non mi perdo una sua partita. Qui tifiamo tutti per lui».

Stefano Volpe

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