25 APRILE I quaderni rossi di «Afro» e il prezzo che pagò Camin

PADOVA. «Dal mercoledì 25 cominciammo a far confluire in città il gruppo di S.Gregorio che unito al Pasquato e al sottoscritto si componeva di 9 unità. Venerdì 27 aprile ’45, la sede dell’Ispettorato militare del Lavoro non era più tale, ma poteva considerarsi un centro operativo della resistenza padovana...».
Sembra di esserci nella cronaca di Zoido Massaro della liberazione di Padova dai nazifascisti che avvenne il 28 aprile di sessantanove anni fa. È questo uno, tra gli ultimi, degli innumerevoli episodi trattati nei tre quaderni fittamente scritti, a partire dal 1972 mentre aveva 60 anni, con “una fedeltà che lascia poco posto all’elaborazione fantastica” e che, grazie al lavoro e alla passione del prof. Luciano Morbiato, sono diventati il libro bello e coinvolgente del partigiano “Afro” al secolo Zoido Massaro, vissuto a Camin dal 1912 e là spentosi alla bella età di 98 anni («I quaderni del partigiano Afro», Cleup, euro 18).
Memorie scritte con la volontà “di fare il notaio dell’antifascismo di Camin”, ma che risultano qualcosa di più ampio e significativo, ed elaborate senza quella “presunzione che appartiene ai vanitosi” è Zoido che parla “malattia che colpisce i deboli di spirito”...
“Afro”, un nome di battaglia poi dato dal vero al figlio, ci ristora da tanta memorialistica sulla Resistenza, quella ripetitiva e spesso egocentrica, che si è sovrapposta ai Pavese, ai Fenoglio, a Carlo e Primo Levi e Rigoni Stern, capaci, essi, di trasmettere quel grande moto corale e tragico che sfociò nel 25 aprile e che fu posto a fondamento della Repubblica. La Camin di “Afro”, un comunista che faceva il barbiere e che aveva fatto della sua bottega una sorta di luogo di studio affollato di giovani, era allora non solo un crocevia geografico, ma soprattutto politico ed esistenziale, per niente subalterno alla città, anzi. Basterebbe ricordare come nel ‘24 l’elezione di Gramsci al Parlamento, in un grande collegio veneto, dovette moltissimo proprio alle firme raccolte nel sobborgo dove c’era già una delle prime case del popolo poi requisita dallo stato mussoliniano.
Era una Camin che non c’è più, oggi sconvolta dalla prima zona industriale, ma che nella prima metà del novecento era un ben delineato microcosmo "di classe” che univa la Venezia portuale, la Riviera del Brenta dei calzaturieri, attraversando la Stanga delle Officine Ferroviarie e della Viscosa e il Portello, al centro della città.
Nei tre quaderni, privi di ogni enfasi retorica, è tutto un succedersi di episodi, di drammatici colpi di scena, di donne e di uomini, persone vere, siano essi compagni di lotta o carnefici. Vi si capisce come viveva ieri la gente nelle povere case senza riscaldamento, quando la bicicletta era un lusso e insieme un mezzo di trasporto, ma anche per tenere annodate le fila della cospirazione.
Dalle prime incursioni punitive dei picchiatori fascisti polesani a Camin nel 1924, passando attraverso gli anni trenta, Zoido Massaro, giovane garzone dell’altro barbiere che fu Attilio Pasquato, rendiconta le proprie e le altrui scelte in modo efficace e senza fronzoli portando il lettore nelle officine, nei campi , nelle stalle e nelle caserme, dove la milizia riempiva di botte, quando non torturava, gli oppositori. Poi, più avanti, Zoido racconta come durante il ventennio campi e fossi fossero le sedi di riunione e come proprio a Camin venisse installata una vera stamperia clandestina. Dentro a questo grande affresco non possono mancare i protagonisti, e non sono i nomi altisonanti che abbiamo letto dopo la guerra in tante pubblicazioni resistenziali. Ma qui, nei quaderni di Afro, dentro il puntuale "rapporto di come sono andate le cose”, mischiati alle esistenze comuni, e loro stessi gente comune, vi sono protagonisti veri, capi e dirigenti del popolo in armi: dagli insostituibili Giovanni Zerbetto e Aronne Molinari, a Giuseppe (Bepi) Schiavon falegname, che sarà poi il primo sindaco di Padova liberata, a Fortunato Passi, a Gino Scarabottolo, ai Benetti e a Romeo Zanella di Cadoneghe e con loro, in particolare, i tanti caminesi, dagli indimenticabili Tombola, ai Pasquato e ai Massaro.
Camin, quindi, appare giustamente un luogo imprescindibile per l’intera Resistenza padovana e che non a caso ha dato uno dei più alti tributi in caduti per la libertà. Per dirla con le testuali parole di Afro: «La cacciata dei nazisti e l’abbattimento del fascismo fu certo un grande risultato, ma un piccolo paese come Camin, che paga un prezzo così alto, sacrificando la vita di 15 suoi figli, è troppo!».
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