Abuso di potere, medico denunciato

Esposto in procura di un gruppo di pazienti: «Noi, costrette a firmare»
 Costrette a pagare ad anni di distanza dalla prestazione ricevuta, hanno deciso di rivolgersi alla Procura della Repubblica. Dopo la class-action contro l'azienda ospedaliera che pretende i pagamenti, dopo l'interrogazione parlamentare a risposta immediata al ministro della Salute Ferruccio Fazio e l'intervento dell'inviato di Striscia la Notizia, le donne di Sosinformazioni.it puntano dritte alla magistratura. Nel mirino, un medico della clinica ginecologica che a loro giudizio avrebbe costretto alcune di loro a firmare un documento che le obbligava a pagare, pena l'interruzione del trattamento di fecondazione assistita. Il sito che ha messo in rete 500 pazienti dopo lo scoppio del caso Fivet-Ambrosini riporta la testimonianza-denuncia di Silvia.  Cristina Bernardi, fondatrice del sito web ed ex paziente della Clinica ginecologica, annuncia: «Sosinformazioni si appresta a depositare un esposto alla magistratura. Le pazienti denunciano di aver subito un abuso di potere per ottenere la firma al nuovo tariffario». Viene riportato integralmente un colloquio medico-paziente. Sul letto d'ospedale c'è Silvia, racconta: «Io ho firmato senza riuscire a leggere nulla e soprattutto non volendo rinunciare a mesi di terapie e all'ipotesi di una gravidanza. È evidente che non ho alcuna intenzione di pagare, anzi voglio chiedere il riconoscimento dei danni subiti e denunciare per abuso di potere questo medico che oltre a obbligarmi ad apporre la firma per il nuovo consenso, mi ha minacciata di non portare a termine la mia prestazione».  Il caso Fivet è deflagrato lo scorso mese di maggio: per anni nel Centro di Fisiopatologia della riproduzione umana è stata disattesa una circolare della direzione sanitaria che imponeva il pagamento di due tecniche di fecondazione medicalmente assistita: 700 euro per Icsi, 400 per Fivet. Le due prestazioni venivano erogate al costo di un ticket, 36 euro. Scoperto l'errore, la direzione generale è corsa ai ripari: ha allontanato il responsabile del centro, Guido Ambrosini, e ha disposto il recupero del mancato introito (300 mila euro) chiedendo il conto alle donne che si sono sottoposte alla procreazione assistita in Clinica ginecologica.  Il caso è tuttora aperto: Ambrosini si è rivolto al giudice del Lavoro per essere reintegrato mentre le pazienti si sono organizzate per un'azione comune contro l'azienda ospedaliera. Un'operazione che si dipana su diversi fronti: quello amministrativo, con una class-action per evitare il pagamento; quello politico, per far giungere la loro voce direttamente al ministro della Salute. Poi il coinvolgimento dell'opinione pubblica: Sosinformazioni è riuscita a portare a Padova l'inviato di Striscia Valerio Staffelli, che mercoledì ha consegnato il Tapiro d'oro al manager Adriano Cestrone.  Ora si apre il fronte giudiziario: le donne si sono affidate all'avvocato Mauro Valentino, del foro di Napoli. Almeno in sette hanno sottoscritto una denuncia nei confronti dell'azienda ospedaliera. Sostengono di essere state costrette a pagare, pena l'interruzione della fecondazione assistita. Vicende umane cariche di risvolti che verranno poste al vaglio della magistratura. L'esposto a palazzo di Giustizia entro pochi giorni. E dallo stesso tribunale, l'11 febbraio il giudice del Lavoro Francesco Perrone metterà la parola fine al braccio di ferro tra azienda e Guido Ambrosini.  Il ginecologo, dopo essere stato allontanato da via Giustiniani per «gravi inadempienze nei doveri d'ufficio», si era rivolto tribunale di Padova. Ha presentato ricorso in forza dell'articolo 700 del codice di procedura civile. A tutelare gli interessi dell'azienda ospedaliera è l'avvocato amministrativista Luigi Garofalo del foro di Padova. Il giudice Perrone dovrà stabilire se il provvedimento di sospensione e allontanamento da via Giustiniani emesso nei confronti di Ambrosini sia stato legittimo.

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