Acciaierie Venete, l’azienda vuole la Cig per 350 operai

PADOVA. Sono spenti i forni e fermi i processi produttivi, ma il cuore delle Acciaierie Venete di riviera Francia batte fino a notte in un’aspra trattativa sindacale che vede opposta la Fiom-Cgil e l’azienda. In gioco c’è la sorte, nel breve periodo, di 350 lavoratori dell’impianto che è sotto sequestro da nove giorni, ossia dalla domenica del tremendo incidente che ha fatto quattro feriti, due dei quali ancora gravissimi, travolti da un’ondata di calore e da schizzi di acciaio fuso provenienti da una siviera che è caduta da oltre tre metri d’altezza. Con i processi a caldo bloccati, chissà ancora per quanto, l’azienda non vede altra strada che ricorrere agli ammortizzatori sociali per quasi tutti i quattrocento dipendenti di riviera Francia, lasciando fuori dal provvedimento soltanto gli amministrativi e i commerciali. È fermo il no della Fiom al provvedimento. A tarda sera, dopo quasi cinque ore di riunione, il segretario provinciale Loris Scarpa ha ribadito la sua opposizione al provvedimento e annunciato che la trattativa va avanti. Ma altrettanto ferma è la posizione dell’azienda, che non vede un’alternativa alla Cig e che, anzi, probabilmente già valuta di ricorrere al medesimo provvedimento per i lavoratori del laminatoio di via Pellico, nel caso in cui le scorte di semilavorati dovessero esaurirsi. Ipotesi, quest’ultima, tutt’altro che remota.

Per venerdì la Fiom ha annunciato l’intenzione di convocare i lavoratori in assemblea. «Ma in questi casi non è prevista la necessità di accordo, si tratta solo di un passaggio consultivo», ha sottolineato Scarpa. «Se l’azienda vuole andare avanti, lo farà». La Fiom però ha messo sul tavolo un pacchetto di tre richieste e questo ha reso ancora più spigolosa la trattativa. Il sindacato ribadisce che i lavoratori non sono disposti a tornare in azienda finché non si ridefinirà la sicurezza del processo produttivo. E insiste perché i lavoratori possano avere voce in capitolo negli investimenti necessario a realizzare il nuovo processo produttivo e a organizzare il lavoro. «Gli ammortizzatori sociali non possono essere la soluzione al sequestro e alla riqualificazione degli impianti», ha insistito Scarpa.
Vista con gli occhi dell’azienda, è una faccenda problematica, soprattutto perché i tempi della ripresa produttiva si annunciano piuttosto lunghi. Le Acciaierie hanno presentato immediatamente l’istanza di dissequestro dell’impianto. Ma il pm Valeria Sanzari ha già fatto capire di non essere disposta a fare un solo giorno di sconto, nel senso che l’azienda sarà bloccata fino a quando non saranno state fatte tutte le perizie. Solo domani il procuratore Matteo Stuccilli e la Sanzari conferiranno l’incarico a due ingegneri - docenti universitari - che svolgeranno l’accertamento tecnico irripetibile nel capannone dell’incidente. Insieme a loro, all’operazione potranno partecipare tecnici nominati dalle vittime, dall’azienda e dagli indagati. Il pm aspetterà l’ok definitivo del consulente scelto per far riaccendere l’impianto. Ma da quel momento ci vorranno ancora settimane prima che le Acciaierie possano sistemare il capannone dove è avvenuto l’incidente e rimettere a posto l’impianto. L’azienda ha fatto sapere di avere disponibili in casa i pezzi che servono a riparare l’impianto, ma i tempi non saranno comunque brevi. La struttura è stata danneggiata, il calore sprigionato dall’acciaio fuso ha piegato parti in ferro. E quando anche il capannone e l’impianto saranno di nuovo a posto, bisognerà attendere nuovi collaudi e il rilascio del permesso per l’attività produttiva. Il rischio è che si arrivi a fine estate.
Per questa vicenda ci sono otto gli iscritti al registro degli indagati con l’accusa di lesioni personali gravissime: Alessandro Banzato, a.d. e presidente di Acciaierie Venete; Giorgio Zuccaro, direttore dello stabilimento; Vito Nicola Plasmati, legale rappresentante e a.d. Hayama Tech Service di Fagagna (Udine); Giampietro Benedetti, presidente di Danieli di Udine, Giacomo Mareschi Danieli e Alesandro Trivillin, consigliere di Danieli di Udine, Dario Fabbro legale rappresentante di Danieli di Brescia.
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