Accusa infondata, 4 anni da incubo

Badante, indagata per truffa, è stata assolta con formula piena: «Accertamenti frettolosi da parte dei carabinieri di Piove»
PD 06 GIUGNO 2006 G.M. CONFERENZA STAMPA SU TOSSICODIPENDENZA IN TRIBUNALE (CARRAI) CONFERENZA STAMPA SU TOSSICODIPENDENZA IN TRIBUNALE CARRAI
PD 06 GIUGNO 2006 G.M. CONFERENZA STAMPA SU TOSSICODIPENDENZA IN TRIBUNALE (CARRAI) CONFERENZA STAMPA SU TOSSICODIPENDENZA IN TRIBUNALE CARRAI

di Elena Livieri

PIOVE DI SACCO

Accusata di aver raggirato un’anziana per derubarla, dopo quattro anni di processo è stata assolta con formula piena, per non aver commesso il fatto. Cornelia Chrestes, 65 anni, rumena, in Italia da oltre trent’anni, stringe nelle mani la sentenza del giudice Nicoletta De Nardus e ancora si chiede: «Perché ho dovuto subire tutto questo?». L’incubo di Cornelia, frutto come il suo difensore Alberto Mazzucato ha dichiarato di «un clamoroso errore di persona e un tragico errore investigativo» inizia all’alba del 19 settembre del 2007: «Sono stata svegliata dai carabinieri – racconta – mi hanno detto che dovevano eseguire una perquisizione perché ero accusata di aver rubato a un’anziana. Sono andata nel panico, i carabinieri urlavano, hanno messo sottosopra la casa». Non hanno trovato niente. Vestiti e borsa descritti dai testimoni e visti nei nastri delle telecamere della banca in casa di Cornelia non ci sono. Casalinga, sposata con Francesco Bado, suo coetaneo, si trova accusata di essere la donna che il 21 agosto di quell’anno aveva accompagnato la ottantatreenne Ettorina Vitaliani, storica titolare del bar Al Duomo in piazza Incoronata, a prelevare dei soldi in banca, per poi farseli consegnare e fuggire. «Quello che ho trovato assurdo – racconta - è come i carabinieri siano arrivati a me». Come si legge in uno degli interventi del suo legale, a collegarla all’episodio erano state «frettolose indagini indirizzate esclusivamente sulla base di infondati sospetti basati sulla frequentazione del bar gestito dalla vittima da parte del marito di Cornelia almeno sette anni prima».

In un altro verbale il maresciallo Antonio Cuccuru, comandante della stazione dell’Arma che conduceva le indagini, dichiara di aver svolto una «ricerca in piazza chiedendo a storici commercianti del centro se riconoscevano la donna», ottenendo dei riscontri. Di tali indagini, tuttavia, non esiste alcun formale atto, come ha verificato lo stesso magistrato durante il processo. Il maresciallo dichiara anche che Cornelia risulta «persona nota poiché gravitante negli ambienti di immigrati dell’Est dediti all’assistenza agli anziani come badanti». Nemmeno di questo vi è riscontro. Alle due persone che avevano visto l’autrice del raggiro, l’impiegata della banca e una residente del condominio, nel corso delle indagini vengono mostrate delle foto, fra cui quella di Cornelia. La cassiera indica un’altra persona, una rom su cui non viene svolto alcun accertamento. L’altra testimone è incerta, forse è Cornelia, forse no. Tanto basta per il rinvio a giudizio. Ma la testimone ricorda una donna giovane che parla perfetto italiano, capelli rossi e molto agile. Cornelia ha 61 anni, è bionda, («mai vista con altre tinte», dichiara il suo parrucchiere), dialetto veneto masticato nel tipico accento dell’est, claudicante con invalidità certificata del 75%. Per il giudice «elementi che mettono chiaramente in luce la sua estraneità ai fatti».

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