Addio a Jacopetti, autore di «Mondo cane»

Fellini si ispirò a lui per il personaggio di Marcello, il cronista della «Dolce vita»
 
ROMA.
Era di Barga, toscanaccio per discendenza e per scelta; viveva a Roma in un attico appartato e lontano dal frastuono di quella città del cinema che per una breve stagione lo adottò facendone il diavolo e l'eroe contemporaneamente. Gualtiero Jacopetti, nato il 4 settembre 1919 e scomparso ieri, è stato la pietra dello scandalo e il protagonista di una stagione storica del giornalismo e del cinema italiano: quella che fotografava l'Italia degli anni Cinquanta che si affacciava sulla stagione del boom economico.  Non è certo per caso che proprio a lui si ispirò Federico Fellini per costruire il personaggio di Marcello, cronista cinico e timido di «La dolce vita». In quegli anni il vero Jacopetti aveva tutta Via Veneto ai suoi piedi: giornalista d'assalto, detenuto in carcere, protagonista di polemiche e processi, cacciatore di donne e sedotto dalle donne.  «All'estero - ha raccontato una volta a Barbara Palombelli in un'intervista - «Mondo Cane» e «Africa Addio» sono oggetto di culto e di studio. In Italia, invece, mi hanno detto di tutto: razzista, fascista, accusandomi perfino di strage. Tutto falso come poi i tribunali hanno dimostrato. Sia chiaro: rifarei tutto quello che ho fatto. E mai stato fascista».  Si è sempre invece definito «liberale e anticomunista», venerava il suo primo direttore di giornale, Indro Montanelli, e alla sua visione laica del mondo si ispirava.  Alla vigilia delle elezioni del '48 diede vita a un movimento anticomunista, quindi partì da clandestino per l'Austria e lì cominciò la sua carriera di reporter, inviato speciale ante litteram: appassionato di viaggi e sempre alla ricerca delle sfide estreme, sarebbe andato più volte in Africa, avrebbe conosciuto la prigione (condannato per lo stupro, sempre negato, di una minorenne che poi sposò), avrebbe dato vita negli anni '50 al suo primo giornale «Cronache», insieme a firme di assoluto prestigio.  Dopo un'intervista al Negus d'Etiopia venduta alla «Settimana Incom» diretta da Barzini jr, si specializzò nei reportage ad effetto. E insieme all'amico Carlo Prosperi convinse il commendatore Rizzoli a produrre il suo primo film di montaggio. Era il 1961 e «Mondo cane» fece il giro del mondo con un effetto a sensazione che fruttò clamorosi incassi e dure polemiche. La colonna sonora di Riz Ortolani (More) divenne la sigla sonora di quel decennio.  Dopo un sequel realizzato di malavoglia, altri titoli come «La donna nel mondo» (con Paolo Cavara) e «Addio Zio Tom», Jacopetti torna a far parlare di sè in modo clamoroso con «Africa addio» del 1964 sui guasti e le storture della fine del colonialismo. La ricetta del successo è sempre la stessa: immagini a sensazione, punto di vista cinico ed anticonvenzionale, indifferenza ai modelli etici della chiesa e del comunismo.  Anche la sua vita privata fu altrettanto tumultuosa: lasciata la prima moglie si fidanzò con l'attrice Belinda Lee (con lui nella foto). Ebbe un terribile incidente d'auto, nel quale Belinda morì, e rimase a lungo dipendente dalle droghe.  Chi è stato allora Gualtiero Jacopetti? Certamente un innovatore del linguaggio giornalistico e del documentario, un «cane sciolto» prima sopravvalutato e poi esecrato; ma anche un uomo solo incapace di discricarsi tra genialità, bravura e ossessioni.  Jacopetti sarà sepolto nel cimitero degli inglesi a Roma accanto a Belinda Lee.

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