«Addio Silvio, ma il servilismo resta»

«Oggi tutti i grandi giornali sono sdraiati davanti a Monti, anche se non ha ancora fatto nulla»
Napoli 16aprile 2008 Il giornalista MArco Travaglio interviene ad una lezione sul giornalismo d'indagine alla scuola di giornalismo presso il palazzo del Mediterraneo in via MArina Ph.Hiulio Piscitelli Ag.Controluce
Napoli 16aprile 2008 Il giornalista MArco Travaglio interviene ad una lezione sul giornalismo d'indagine alla scuola di giornalismo presso il palazzo del Mediterraneo in via MArina Ph.Hiulio Piscitelli Ag.Controluce

di Alessandra Lionello

PADOVA

Con un tempismo sorprendente, Zed porta in Veneto «il primo spettacolo del dopo-B». Uno spettacolo “poco spettacolare”, come suggerisce Marco Travaglio, che è autore e interprete di «Anestesia Totale»in scena venerdì prossimo al Geox. Non c’è intrattenimento, infatti, né fantasia né gioco o altra distrazione da un presente che, al contrario, dà delle belle preoccupazioni.

Ma come faceva a saperlo? Come ha potuto immaginare un “dopo” già due anni fa, e decidere di aprire dicendo «Lui non c’è più, formalmente è finita?». Marco Travaglio si limita a dire che «si capiva che era finita», e che il problema non era più Berlusconi ma il sistema fondato sul conflitto d’interessi. In una parola, il berlusconismo.

Sul palcoscenico con il giornalista e scrittore torinese,che è vice direttore de «Il Fatto Quotidiano» e collaboratore di Michele Santoro in «Servizio Pubblico», ci saranno Isabella Ferrari, a cui è affidata la lettura di alcuni testi di Indro Montanelli, e il violinista Valentino Corvino, con la regia di Stefania De Santis. Sullo sfondo un’edicola, a ricordare che il cuore dello spettacolo è l’informazione: quel che è oggi a confronto con quel che è stata, di cui forse abbiamo perduto la memoria. A questo serve il controcanto di Montanelli, evocato attraverso le sue pagine memorabili.

«Non c’era modo migliore – spiega Travaglio – di far capire quale ruolo devono avere i mezzi di informazione. Giornali e tv dovrebbero essere dei cani da guardia, invece troppo spesso si accontentano di essere cani da compagnia o, peggio, da riporto. Ci sono giornalisti che, non avendo valori da difendere, cercano solo padroni da leccare».

E adesso che il governo Berlusconi è caduto, cambierà anche la logica dell’informazione?

«Al momento pare di no. Tutti i grandi giornali si sono letteralmente sdraiati davanti al governo Monti. Eppure Monti non fa nulla per farsi incensare ma il servilismo è più forte e il consenso arriva lo stesso, in modo acritico, perché tutti sono stati inclusi in qualche modo nella squadra di governo. Difficile che il superministro Passera, che ha ricoperto incarichi importanti nell’editoria, nelle tv, nella finanza, nelle infrastrutture, in Alitalia, si dimentichi all’improvviso di quelli con cui ha lavorato fino a ieri. Occorrono norme serie e precise che separino gli interessi dei controllori da quelli dei controllati».

Quindi il dopo-B. non sarà diverso se non cambiano le regole?

«No. Non basta eludere il conflitto d’interessi. Occorre smantellare il sistema che si regge sulla commistione tra potere politico, finanza ed editoria. Oggi la Rai è in mano ai partiti, Mediaset è di Berlusconi e i giornali sono in mano a banche, palazzinari e cliniche private».

Ma la responsabilità è diffusa. Per dirla con una frase di Arturo Graf, che Travaglio cita nel testo, «se non ci fossero state tante pecore, non ci sarebbero tanti lupi».

Ebbene, nel futuro che immagina che fine fanno le pecore?

«Quella frase che cito fa il paio con quanto ebbe a dire a suo tempo Mussolini a proposito del popolo di servi, nel quale era impossibile non fare il padrone. Dove c’è servilismo, c’è il rischio che il potere sbagli. Se un governo non si sente controllato, è facile che approfitti del potere.

Come si guarisce dall’abitudine al servilismo?

«Con un’informazione libera e corretta, che sia richiesta dai cittadini e che sia percepita come un diritto».

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