Adesso Drago presenta il conto Chiesto 1 milione 300 mila euro

La débâcle politica costa cara, chissà perché. E il conto di quegli incarichi pregiudicati, uno dopo l’altro, dal massacro mediatico suggerito (o, almeno, orientato) dall’intoccabile luogotenente Franco Cappadona è presto calcolato e presentato come la ricevuta di un superenalotto pronto all’incasso. Un milione e trecentomila euro suddivisi in 800 mila euro di danni patrimoniali e 250 mila di danni morali, chiesti in solido a entrambi gli imputati, mentre 250 pretesi solo da uno dei due (l’imprenditore): a tanto ammonta il risarcimento reclamato dall’ex direttore generale dell’Arpav (Agenzia per la protezione ambientale del Veneto), l’avvocato Andrea Drago. Un risarcimento quantificato dal penalista Giovanni Chiello che si è costituito parte civile per conto del legale monselicense prestato alla politica. A dirlo senza mezzi termini l’avvocato Chiello ieri nell’aula del tribunale di Padova, ultime battute del processo che si sta celebrando nei confronti del sottufficiale dei carabinieri Franco Cappadona, per più di 25 anni responsabile della sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica padovana, e del finanziere Mauro Bertani: il primo è chiamato a rispondere di tentata concussione aggravata e continuata per la (presunta finché non c’è sentenza almeno di primo grado) tangente offerta a Drago (all’epoca direttore generale dell’ente) per portare la nuova sede Arpav negli spazi del Net Center in via Venezia dove si trova l’hotel “B 4” realizzato dall’imprenditore piovese; il secondo è accusato di corruzione per avere offerto 300 mila euro a Drago. L’avvocato Chiello ha insistito: per colpa dell’inchiesta sulla gestione dell’Arpav (aperta in procura nel 2010, durata cinque anni e chiusa con l’archiviazione) Drago è stato esautorato dal suo incarico di direttore generale Arpav ben prima della scadenza naturale. Insomma carriera bruciata grazie a un gioco al “massacro” di cui sarebbe stato vittima Drago, senza il quale non sarebbe venuto a galla «il delirio di onnipotenza di Cappadona». L’arringa è feroce. E non fa sconti: «A Drago non sarà più dato un incarico politico». Il riferimento è alla campagna di stampa – secondo il legale – indirizzata dal sottufficiale della procura contro il nemico Drago. Perché tanto odio? «Per aver detto “no” a Cappadona. Ovvero no a quelle proposte di danaro per far cadere la scelta nella nuova sede Arpav sulla proprietà di Bertani nel Net Center. E questo accanimento sarebbe costato a Drago, «finito in un tritacarne», la riconferma a direttore Arpav in quota ad An, visto che quell’incarico era stato oggetto di una spartizione politica e spettava alla forza del centrodestra orientata sul legale monselicense. L’avvocato Chiello ne è convinto: in procura Cappadona «avrebbe fatto il procacciatore d’affari» più che il carabiniere. E Drago aveva paura di dire la verità: chi gli avrebbe creduto? Domanda cui ha risposto la penalista Paola Rubini, difensore di Bertani, nel corso di un’arringa che continuerà il 4 luglio. L’avvocato Rubini ha puntualizzato: Drago non aveva nessuna paura perché, anche successivamente ai presunti tentativi di corruzione, aveva continuato a contattare Cappadona per avere un appuntamento con l’allora procuratore Mario Milanese e a scambiarsi sms con Bertani. Si continua l’1 luglio con la difesa di Cappadona. (r.c.)
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