Aggredì il capotreno: arresto per il migrante

SELVAZZANO. La rivincita di Trenitalia. Il viaggiatore abusivo Anyanwu Festus Amaechi è stato condannato a 15 giorni di arresto per rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale al controllore Carlo Terrin. Il nigeriano è lo stesso, che aveva fatto condannare a 20 giorni di reclusione il capotreno di Selvazzano del convoglio successivo Belluno-Padova, Andrea Favaretto, per tentata violenza privata. Non solo: il giudice di Belluno Riposati ha trasmesso gli atti alla procura, affinché indaghi per l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio. È stato anche malmenato e ha presentato querela per lesioni.
Nel procedimento sui fatti del novembre 2014 chiuso ieri mattina, il pm Rossi aveva chiesto 20 giorni, ottenendone cinque in meno dal giudice Feletto. L’unico convinto dell’innocenza dell’imputato era il difensore Manfio (sostituito da una collega), che aveva puntato sull’assoluzione con formula piena e soltanto in subordine il minimo della pena con le attenuanti generiche. La pena è sospesa, in ogni caso Amaechi risulta espulso dal territorio italiano.
Amaechi viaggiava su un treno che stava arrivando alla stazione di Santa Giustina Bellunese e aveva un biglietto contraffatto. Terrin se n’è accorto, durante il normale giro di controllo e aveva intenzione di fargli un’ammenda. Non solo non si è sentito dire nome, cognome e tutto il resto, ma ha dovuto sopportare anche una serie di ingiurie (depenalizzate), oltre a una considerazione del tipo «sei il solito razzista». Il ferroviere non ricorda di aver mai visto in precedenza Amaechi, di conseguenza quel “solito” non gli torna per niente. C’erano altri due passeggeri in carrozza ed erano perfettamente in regola, mentre il 46enne africano viene fatto scendere. Il convoglio successivo arriva in stazione alle 20. 06 e il capotreno è Andrea Favaretto, che sa già tutto, Quando comincia il suo giro, incrocia Amaechi. Gli chiede di esibire il biglietto ma non ottiene risposta, essendo l’uomo impegnato al telefono. Favaretto prende le sue borse e le porta fuori dal treno. Qui il viaggiatore l’avrebbe colpito con uno schiaffo e calci alle gambe. Il ferroviere chiama i carabinieri e pronuncia la frase «Se non sali non ti denuncio» che viene riportata nei verbali e gli costa l’accusa di tentata violenza privata. Il passeggero sfodera un biglietto timbrato, che in teoria gli avrebbe dato diritto di salire, ma entrambi restano a terra. La sentenza di Riposati ha avuto una risonanza nazionale, quella di Feletto era attesa.
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