Alberi, un report smentisce il Comune
Cinque esperti studiano per un mese 28 esemplari destinati all’abbattimento: 23 dovrebbero essere salvati o riesaminati

Per cinque non c’è speranza: sono evidentemente malati e destinati a cadere. Ma altri ventitré dei ventotto alberi condannati a morte dal Comune, con il primo “lotto” di abbattimenti dopo la riaccensione delle motoseghe, potrebbero essere salvati. Tra questi, ci sono esemplari evidentemente in buone condizioni, altri che con qualche accorgimento potrebbero regalarci ancora ombra e verde per diversi anni. In ogni caso tutti meritevoli di ulteriori indagini, perché tagliarli a cuor leggero non è giusto, per il loro valore economico e per la funzione che hanno.
Il risultato di questa indagine, che statisticamente si traduce in un tre su quattro – inteso come errori di scelta del Comune, attenzione – potrebbe segnare un punto di svolta nelle strategie di gestione dell’ambiente urbano. Perché il documento che contiene queste valutazioni è un “consensus report” firmato da cinque esperti di riconosciuta professionalità: Patrizio Giulini (botanico accademico ed ex referente unico per gli alberi monumentali della Regione Veneto), Elena Macellari e Gabriele Pezzani (Agronomi, la prima di Padova, il secondo di Trento), Nicola Manno (consulente ambientale del settore Foreste, Agricoltura e Territorio ed esperto di tree climbing) e Alessandro Angrilli (professore di Psicobiologia dell’università di Padova). Quest’ultimo ha curato gli aspetti metodologici della ricerca ed è anche portavoce del Comitato Difesa Alberi e Territorio, l’associazione che ha prodotto il documento poi spedito al Comune a nome di tutti i comitati ambientalisti della città (oltre al Cdat anche Rete Verde e Palestro 30 e Lode). Il consensus report è un metodo scientifico molto usato all’estero e in campo medico e scientifico. Consiste nel riunire più esperti che fanno osservazioni indipendenti e poi discutono finché non arrivano a una valutazione condivisa. Questo approccio è più efficace e meno esposto a errori rispetto alla perizia di un singolo valutatore, più soggetto alla fretta e al timore di una eccessiva responsabilità (nel dubbio, meglio tagliare). Quello presentato dal Cdat, e spedito l’altro ieri al Comune sotto forma di contro-deduzione rispetto alla scelta di abbattere quegli alberi, è il risultato di un mese di lavoro svolto dai cinque a titolo volontario. Dunque un dossier dal peso notevole che ora inchioda il Comune all’urgenza di dimostrare che gli alberi destinati al taglio sono effettivamente a rischio di schianto, pena una possibile accusa di abbattimento ingiustificato.
«Intanto è assurdo che siamo noi cittadini, o i comitati con i loro esperti, a dover dimostrare che gli alberi sono sani», attacca Alessandro Angrilli. «Dovrebbe essere il Comune a fornire prove certe a sostegno della scelta di abbattere». Così non è. «Anzi, l’amministrazione comunale evidentemente non riesce neppure a farsi garantire dai propri esperti l’uso di metodi scientifici», insiste Angrilli. «A Padova non è così, tanto è vero che qui si abbattono sei volte più alberi che a Verona: lì sono 200 su 60 mila, qui 800 su 40 mila. È un dato che qualcuno a palazzo Moroni dovrebbe spiegare». E per il Cdat, il Comune dovrebbe spiegare anche perché, oltre a condannare interi filari di alberi monumentali come quelli di via Morgagni, trascura e fa morire tanti alberi recentemente piantati, non annaffiandoli nei periodi di siccità o sottoponendoli a potature sbagliate che li condannano a malattie. Il dossier del Cdat ne porta ad esempio tanti, piantati meno di dieci anni fa e ormai deperienti, come alcuni frassini di via Matteotti e un acero di via Gozzi. Il report, però, più che altro accende i riflettori sulle perizie che spingono il Comune a tagliare laddove non si dovrebbe. « In molti casi la valutazione visiva degli esperti consultati dall’amministrazione ha condannato gli alberi solo perché avevano radici scoperte o esposte e appena sbucciate ma prive di lesioni serie ed importanti, oppure avevano ferite da impatto veicolare ben rimarginate e cicatrizzate», spiega Angrilli. «Inutile dire che le perizie erano gravemente carenti dei minimi standard scientifici di credibilità». Gli esperti, nel report, sono impietosi laddove definiscono «scientificamente non valide le valutazioni di quasi tutte le perizie», per via di una «mancanza di dati oggettivi che dimostrino che un albero è effettivamente a rischio schianto». E ora la domanda è un’altra: quanti alberi, fra gli oltre duemila tagliati negli ultimi tre anni e mezzo anni, sono stati esaminati correttamente?
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