Aspetta il marito da due anni e mezzo: «E’ uscito di casa e non è più tornato»

Valter Figallo, professore di Cadoneghe, è uno dei padovani spariti nel nulla. La moglie Rossana, prigioniera di un’assenza: «E’ un dolore devastante, vivo in un limbo, è da impazzire»

Marta Randon
Valter Figallo e Rossana Canton
Valter Figallo e Rossana Canton

Le lacrime aspettano un po’ ad uscire, poi non ce la fanno più, eccole copiose, stanche anche loro di quell’attesa snervante, annichilente. «Non è più tornato. E io sono qui, prigioniera di un’assenza. È un dolore devastante, continuo, un limbo che non auguro a nessuno» dice la signora Rosanna Canton che ci accoglie in salotto con un sorriso materno, gentile, composta, tra i minerali che il marito collezionava: «Andavamo insieme a scavare all’isola d’Elba».

I ricordi riempiono la testa, fanno rumore. Con gli occhi rossi: «Spero che il Brenta me lo restituisca».

Valter, prof di lettere e amante di Dante

La storia di Valter Figallo di Cadoneghe, professore di lettere amante di Dante, è nota. La mattina del 28 marzo 2023 è uscito dalla sua villetta a schiera dal prato all’inglese e non è più rientrato, inghiottito dal mondo.

«Era abitudinario, puntuale, ma alle 12 non si è presentato per il pranzo. Stranissimo. Alle 12.40 ero già dai Carabinieri» racconta Rosanna.

La macchina dei soccorsi si è mossa in fretta: due volanti, i figli in bicicletta, i vicini di casa, la protezione civile, i vigili del fuoco. Le prime ore sono cruciali.

Due giorni dopo sono arrivati anche i cani molecolari da Trieste, chiamati dall’associazione Penelope Veneto, della quale oggi Rosanna è socia. «Hanno scandagliato tutto, sono intervenuti anche i sommozzatori». «Valter faceva sempre lo stesso giro sull’argine del fiume Brenta, vicinissimo a casa. Impossibile che sia sparito». Ma non c’è traccia di nulla. Niente.

Era un uomo legato alla famiglia, affettuoso. «Escludo che se ne sia andato volontariamente. Deve essere successo qualcosa nella sua fragilità, qualcosa che non ha potuto gestire».

Valter da mesi non stava bene, dopo la pensione si era ammalato, soffriva di demenza fronto-temporale. Quella mattina non aveva con sé documenti, né cellulare.

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Edoardo Genovese e Daniela Ferrari, vicepresidente e presidente di Penelope Veneto

Problemi di memoria

«Non era più lo stesso, aveva problemi di memoria, ma non di orientamento, mi chiedeva sempre di uscire per passeggiare, gli faceva bene. Io ero timorosa, ma lo lasciavo vivere» racconta la donna che abbassa gli occhi.

Qualcuno ha ipotizzato un gesto estremo, Rosanna scuote la testa. «Non ho niente in mano che mi dica il contrario, ma io non ci credo».

Per giorni ogni angolo della zona al confine con Isola di Torre è stato setacciato: fiumi, argini, case abbandonate, stazioni ferroviarie. «Poi il Prefetto ci ha contattati dicendoci che dovevano interrompere le ricerche perché impegnavano troppi uomini» spiega Rosanna.

L’ipotesi più probabile è che Valter sia scivolato nel Brenta. «Non è vero che un corpo si trova sempre – afferma la donna – Lo credevo anch’io, ma non è così. Il Brenta è stato bombardato, lungo l’argine, giù in profondità, ci sono delle sacche. Valter potrebbe essersi incastrato».

I primi mesi Rosanna vedeva il marito ovunque: «Rincorrevo le persone per strada. Mi sembravano tutti lui, la sagoma, i capelli, il maglione. Stavo impazzendo».

Le indagini

Un paio di mesi fa è tornata dai carabinieri di Cadoneghe. «Vi prego, l’ultimo controllo in una casa abbandonata vicino al fiume, l’ultima prima dell’inizio della tangenziale del Santo – ha chiesto –. Magari, sa, la fretta, non hanno guardato bene».

I carabinieri hanno contattato la proprietaria e fatto il sopralluogo, ma niente.

Oltre al dolore, Rosanna deve affrontare la burocrazia. «Non posso celebrare il funerale. La morte presunta si può dichiarare solo dopo dieci anni. A Roma si sta discutendo di ridurre a cinque, ma per ora è così. È tutto bloccato: i conti, la casa, ogni cosa. Ricevo la pensione di Valter, ma non la posso toccare. Vivo con la mia e mi sento sospesa». Poi, per un attimo il viso torna sereno: «Ogni tanto sento la sua presenza. L’ho percepita due volte, una lì sul divano, l’altra a letto, nel dormiveglia. È stata una sensazione bellissima».

I cinque nipotini credono che il nonno si faccia vedere attraverso le farfalle. «L’11 settembre, giorno del suo compleanno, l’abbiamo ricordato: ognuno ha disegnato qualcosa, scritto due righe. È stato il nostro modo di salutarlo». Rosanna ringrazia l’associazione Penelope: «La presidente Daniela mi ha detto di riscrivere la vita, devo mettere un punto, ma è difficile. Sento che non c’è più, ma vorrei averne la certezza».

I sensi di colpa la attanagliano: «Lo so, dovevo prendergli lo smartwatch per controllare i movimenti. Lui non voleva, dovevo insistere».

«Ero pronta alla sua morte – continua la donna –, ma non a questo. Non ci può essere una cerimonia, l’ultimo saluto, un luogo in cui portare un fiore. Non abbiamo la cultura dell’assenza, solo quella della morte. La morte si può celebrare, si può chiudere. L’assenza, no». Poi, un sospiro. «Se il Brenta me lo restituisse sarebbe un regalo. Si chiuderebbe un cerchio. Così la vita resta incompiuta. Io me ne sto qui, a metà, sospesa tra angoscia e dolore». —

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