Autotrasportatrice morta sul lavoro, facchini e magazzinieri: «Basta, s’investa in sicurezza»
Cartelloni di protesta e sciopero a Camin contro i ritmi della logistica. Il sindacato: «Si passi dalle parole ai fatti»

La sera stessa della morte dell’autotrasportatrice nel piazzale Finesso, a Camin, i facchini hanno scelto di andare a casa prima. Alcuni di loro hanno assistito alla tragedia e non se la sono sentita di continuare a lavorare.
Gli altri hanno deciso di seguire il loro esempio come forma di protesta per una sicurezza tanto decantata quanto fragile.
Il giorno dopo, mercoledì 6 novembre, non solo i magazzinieri della Finesso, ma i lavoratori di Brt, Unicomm, Susa Trasporti e Sda, hanno deciso di fermarsi e di esporre dei cartelloni contro i ritmi della logistica che «uccidono» e per avere più controlli e meno appalti.
«Per quanto i nostri iscritti, per lo più magazzinieri, non siano direttamente collegati alla vicenda che ha coinvolto l’autotrasportatrice esterna, si sono sentiti in dovere di dire e di fare qualcosa», spiega Riccardo Ferrara, di Adl Cobas. «Il mondo della logistica e dei trasporti ha tempi sempre più veloci, spietate declinazioni della produzione fine sono al profitto. I lavoratori non sono più persone, ma sono considerati parte dell’ingranaggio che deve aumentare sempre di più le performance. Questo è intollerabile e anche i committenti, benché non sono formalmente i datori di lavoro diretti, devono farsi carico della sicurezza di tutti, non solo dei propri dipendenti diretti. Noi come sindacato siamo i primi che ci occupiamo della sicurezza e della tutela di tutti, ma adesso vogliamo di più. Pretendiamo che alle parole seguano i fatti, le aziende devono investire di più la sicurezza, sulla formazione del personale viaggiante e non. Non basta seguire le linee guida o quello che è previsto dalla normativa, la scommessa oggi è fare di più. Questo è l’obiettivo che poniamo in Finesso e dappertutto, per Silvia e per tutti».e.sci
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