Azienda fantasma fa lavorare all’estero sei operai in nero
Pizzicati a Graz e riferibili a una ditta padovana non più attiva Dal titolare è passata a un consulente che non l’ha mai chiusa

LAVORI EDILI, CANTIERE OPERAIO CON CASCHETTO
PADOVA. Operai e aziende fantasma che si muovono sui mercati dell’edilizia europea sono un’altra ed inedita declinazione del lavoro nero o irregolare che il territorio accoglie con sempre maggiore frequenza. Ma non è tutto qui, perché dal caso emerge quella che rischia di essere una nuova tendenza per fare affari in modo illegale. Ovvero professionisti, o sedicenti tali, che mettono le mani su aziende decotte assicurando al proprietario la chiusura ma tenendole in vita per sfruttarle in modo illecito.
A individuare sei lavoratori edili di origine rumena in due cantieri vicino a Graz, in Austria, e afferenti a una società padovana (poi risultata inattiva) è stata la direzione territoriale del lavoro del paese comunitario che ha chiesto aiuto all’omologo Ispettorato padovano (Itl).
La vicenda si apre a luglio quando gli ispettori austriaci individuavano, dopo un controllo, sei operai rumeni, le cui carte non erano in regola con le normative del paese. I funzionari attivano quindi i pari grado padovani grazie alla piattaforma internazionale di verifica e controllo istituita dalle normative Ue Imi (il sistema Informatico del Mercato Interno) e chiedono informazioni.
Le incongruenze che saltano agli occhi e sono pesanti: la ditta esiste solo sulla carta pure essendo a tutt’oggi registrata alla Camera di commercio di Padova. Un’impresa inattiva che non ha, negli ultimi anni, fatto assunzioni né tanto meno compaiono i nomi degli operai edili in distacco nei due cantieri di Graz.
Gli ispettori dell’Itl si recano quindi all’indirizzo registrato dalle visure ma verificano che la sede è chiusa da anni. Si mettono allora sulle tracce del legale rappresentante della società. L’imprenditore, oggi piccolo artigiano con un’altra partita Iva attiva come ditta individuale (registrata alla Camera di commercio di Vicenza) cade dalle nuvole e dichiara agli ispettori di non sapere nulla della vicenda. Ma non si limita a negare.
L’uomo racconta una storia ancora inedita in un settore dove i sistemi per aggirare le regole sono innumerevoli: messo alle strette dalla crisi economica e in condizioni di semi indigenza, l’artigiano, stando alle sue dichiarazioni, sarebbe stato contattato da un sedicente consulente che si sarebbe offerto di rilevare l’azienda sostituendolo in qualità di amministratore e assicurando che in seguito si sarebbe fatto carico della chiusura della partita Iva.
Promesse vane, visto che la ditta, pure inattiva, rimane a carico dell’imprenditore e con questa pure le ammende che le autorità austriache vorranno porre a suo carico per un totale che probabilmente si aggirerà attorno ai 12mila euro (2 mila euro a lavoratore secondo la legge austriaca in materia di inosservanza delle regole relative all’obbligo di distacco transnazionale per i lavoratori di imprese che ottengono una commessa all’estero).
Ed a queste rischiano di aggiungersi tutte le conseguenze relative alle irregolarità che l’Ispettorato padovano del lavoro rileverà a seguito di indagini che sono ancora in corso.
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