Bagnoli, 7 detective del Ris sulla scena della sparatoria

Gli investigatori hanno scoperto che Allia voleva sciogliere nell’acido il cadavere di Mazzei e che ha sparato 4 fucilate: la vittima è stata colpita tra fianco e schiena 
Bagnoli di Sopra (PD) 23 settembre 2017 Sparatoria in via Ottava Strada. Nella foto: il luogo recintao dalla forze dell'ordine.
Bagnoli di Sopra (PD) 23 settembre 2017 Sparatoria in via Ottava Strada. Nella foto: il luogo recintao dalla forze dell'ordine.
BAGNOLI. Voleva sciogliere nell’acido il cadavere. E così farlo sparire. Ecco qual’era l’obiettivo di Benedetto Allia, 28 anni, in carcere per l’omicidio di Francesco Mazzei, il calabrese 38enne assassinato a colpi di fucile intorno alle 10.30 del 24 settembre scorso. È quanto emerso dal sopralluogo ufficiale che, per buona parte della giornata di ieri, ha impegnato sette carabinieri del Ris di Parma (Reparto investigazioni scientifiche) nel capannone dell’azienda L.B. a Bagnoli in via Ottava strada, palcoscenico del delitto. Presenti anche l’avvocato Giacomo Giulianelli (legale della famiglia Mazzei con l’avvocato Marco Milan di Verona), la sorella della vittima Daniela Mazzei e l’avvocato Tatiana Bianco, difensore di Benedetto Allia, l’imprenditore indagato.


Un bidone di acido.
Sul pavimento molto evidenti i segni di trascinamento del cadavere dalla porta d’ingresso (e uscita) del capannone a un angolo distante circa una ventina di metri. Un angolo dove era stato posizionato un bidone dietro al quale, al loro arrivo, i carabinieri avevano scoperto il corpo senza vita di Mazzei. Il contenitore era stato riempito con solventi, sostanze in grado di distruggere un corpo senza lasciare alcuna traccia. Il sospetto degli inquirenti – coordinati dal pm Maria D’Arpa – è che Allia volesse disfarsi in quel modo della prova dell’omicidio, scegliendo un metodo impiegato dai mafiosi. È la fine del piccolo Giuseppe Di Matteo, il 14enne rapito, strangolato e appunto sciolto nell’acido per far tacere suo padre Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia.


Gli spari.
Benedetto Allia ha esploso 4 colpi, ognuno dei quali ha prodotto una “rosa” di pallini. Un colpo ha ucciso Mazzei, ferito mortalmente nell’area tra il fianco e la schiena mentre stava compiendo un movimento di rotazione del torace forse per scappare; un altro ha ferito di striscio l’amico della vittima, Yassine Lemfaddel, marocchino nato in Calabria, noto come Vincenzo (si è affidato alla tutela dell’avvocato Fabio Crea); il terzo ha centrato la porta che era chiusa al momento della sparatoria; infine il quarto ha danneggiato la parete alla destra dello sparatore che era faccia a faccia con Mazzei e Lemfaddel. Quindi potrebbe esserci stata un colluttazione e, durante il parapiglia, sarebbe partito quel colpo.


Il movente.
Perché Benedetto Allia ha accolto con il fucile in mano i due che – secondo la versione ufficiale fornita dai sopravvissuti – avevano chiesto un appuntamento per risolvere una questione di lavoro? Lemfaddel ha raccontato che vantava dei soldi da Allia per il quale aveva lavorato. E che a Bagnoli si era fatto accompagnare dall’amico Mazzei, una residenza in Germania a Essen dove lavorava come cuoco, un figlio a Verona dove era ospite in quei giorni. Ma i carabinieri non ci vedono chiaro. Il padre di Allia (Salvatore) sta scontando una condanna per omicidio a Vicenza, mentre la famiglia, siciliana d’origine, ha diversi beni nel Monselicense.


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