Bancarotta, condannato l’ex ad della Smania

Secondo i giudici il fallimento dell’azienda di arredamento di Vigonza fu pilotato dall’amministratore

VIGONZA. Contava fino a 70 addetti, un fatturato con punte di 25 milioni di euro e una rete distributiva diffusa lungo la penisola la società Smania spa, creata negli anni '60 da Alberto Smania e acquisita nel 2006 da Bluprint Capital di Giovanni Gallizio e Paolo Ravà. Sette anni di attività, poi, il 17 aprile 2013, il fallimento e la chiusura dell’azienda leader nel settore dell'arredamento di lusso per interni ed esterni, con stabilimento a Vigonza in via Julia. Il tribunale di Padova ha condannato a 2 anni e 8 mesi Giovanni Gallizio, 52 anni, originario di Genova, amministratore delegato di Smania spa fino al crac. Bancarotta fraudolenta per distrazione il reato ipotizzato dalla procura che, chiusa l’indagine, aveva sollecitato il processo nei confronti del manager. Secondo la ricostruzione della pubblica accusa il 17 luglio 2008 Gallizio avrebbe stipulato con Donato Maria Fabrizio Smania un contratto per la cessione e il trasferimento del 100 per cento delle quote di Smania spa nella Smania Progetti Speciali srl per il prezzo di 590.500 euro. Ma la cifra non è mai stata pagata da Smania: lo stesso giorno di luglio era stato siglato un altro accordo tra l’imputato, Paolo Ravà (suo ex socio) e lo stesso Fabrizio Smania. Accordo in base al quale il saldo del corrispettivo per la cessione delle quote della spa era condizionato al pagamento da parte di Gallizio di 1.690.500 euro a Smania, un debito che il primo aveva contratto a titolo personale nei confronti del secondo. In realtà un meccanismo per rendere possibile la distrazione.

Eppure nel 2008, dopo la conquista della Russia, Smania spa si preparava a sfondare anche in India proponendo le ultime novità in fatto design nel nascente mercato del gigante asiatico. «Tra ottobre e dicembre», aveva annunciato all’epoca l'amministratore delegato Gallizio «esporremo alle fiere di Mumbai e Nuova Delhi, dove inaugureremo uno showroom».

Fino ad allora i risultati economici dell'azienda avevano registrato una costante crescita (nel 2003 il fatturato era di 14,50 milioni di euro) anche grazie a prodotti artigianali creati con materiali nobili, giusto italiano e una lavorazione accurata. Purtroppo non è bastato: la crisi violenta iniziata 10 anni fa ha provocato macerie e rovine. Prima la richiesta di concordato preventivo poi il fallimento della spa.

Cristina Genesin

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